CERRO NORA OESTE – AVVENTURA E SCOPERTA IN PATAGONIA DI LUCA SCHIERA
Pubblicato il 27/02/2024
Mi sono sempre sentito uno scalatore ma il mondo dell'arrampicata e dell’alpinismo, con sempre più regole e conformismo, mi va un po' stretto. Voglio precisare: adoro scalare e amo questa comunità, negli ultimi anni però ho sentito sempre più forte l'esigenza di andare un po' oltre, l'aspetto sportivo certamente conta ma per me conta anche e soprattutto scoprire cose nuove. Se penso a chi sono, o chi sono stati, i migliori alpinisti trovo che hanno tutti in comune una cosa: la fantasia e la voglia di uscire dagli schemi, e queste sono le persone che mi hanno sempre ispirato.
Lo Hielo Norte per me ha racchiuso tutto questo, dopo diverse stagioni in Patagonia avevo voglia di andare in posti nuovi, e per qualche anno ci ho dedicato tutte le energie possibili.
La prima volta è stata nell'estate australe 2018-19. Con Paolo Marazzi saliamo il Cerro Mangiafuoco, un impressionante pinnacolo di roccia che sbuca da solo in mezzo al ghiaccio.
Arriviamo in cima in una breve finestra di bel tempo e solo a quel punto ci rendiamo conto delle proporzioni dello Hielo. Siamo minuscoli in mezzo ad un ghiacciaio sconfinato, vediamo lontano l'Oceano Pacifico, il San Valentin, San Lorenzo e tantissime montagne e pareti enormi che non sappiamo nemmeno nominare.
Buttiamo le doppie con la promessa di ritornare.
L'anno successivo ci dedichiamo alla zona sud dello Hielo, l'idea è di salire una torre di granito di ottocento metri vista forse solo da Shipton nel lontano ‘64. L'accesso è complicato perché negli ultimi anni il ghiacciaio, specialmente a sud si è ritirato parecchio e ha creato moltissimi crepacci. Partiamo in tre, questa volta si aggiunge Giacomo Mauri, direttamente dal Pacifico in barca e poi risaliamo il ghiacciaio Steffen.
Dopo diverse decine di chilometri e una serie infinita di salite e discese cercando di aggirare i crepacci più grandi ci arrendiamo. Senza considerare che siamo a 13.000 chilometri da casa, in una zona estremamente isolata e senza possibilità di soccorso, abbiamo superato di molto la soglia di sicurezza e in più non riusciamo a passare.
Torniamo ancora nel 2022, questa volta con l'idea di fare una traversata nord-sud con sci e slitta fermandoci a scalare quando il tempo lo permette.
Prima ancora di accedere al ghiacciaio però troviamo i primi pendii innevati troppo instabili e siamo costretti a perdere preziosi giorni aspettando un miglioramento della neve.
Riusciamo comunque a salire una parete di roccia e a fare un lungo giro sul ghiacciaio in cui vediamo in lontananza, troppo lontane da raggiungere in una sola finestra di bel tempo, altre pareti incredibili.
Non è andata male ma in fondo sappiamo entrambi che è stato un ripiego e saremmo ritornati un’altra volta.
Quest'anno l'approccio è stato semplice: cerchiamo l'accesso più comodo e saliamo la parete più grossa che c'è ovvero il Cerro Nora Oeste. Come ogni volta, nonostante la pianificazione e una buona conoscenza della zona, le cose non vanno come avremmo voluto.
Appena arrivati scopriamo che l'unico modo per arrivare è attraverso la valle Nef e non la valle Colonia, quindi la strada è molto più lunga del previsto ma soprattutto quasi sconosciuta. Dovremo fare molti più giorni a piedi trasportando materiale che ci costeranno molto tempo ed energie. Partiamo a piedi seguendo i cavalli del gaucho che ci porta parte del materiale. Dopo tre giorni, quando il terreno si fa più complicato e giusto quando inizia a piovere Don Aguilino ci saluta e torna indietro. Ora siamo solo noi quattro (quest’anno con noi ci sono anche gli amici Andrea Carretta e Giovanni Ongaro), e la nostra attrezzatura.
Passiamo i successivi giorni a trasportare materiale nel fitto bosco fra problemi di orientamento, forte pioggia e moscerini. Dopo un’ultima nevicata che ci lascia fradici e infreddoliti sembra arrivare una finestra di un paio di giorni senza precipitazioni sullo Hielo, unico problema: non abbiamo il tempo di raggiungerlo se non depositando parte di cibo e materiale da recuperare in un secondo momento e stando il più leggeri possibile. Optiamo per questa soluzione, potremmo non avere altre possibilità viste le distanze enormi, e dopo altri due giorni a piedi ci dividiamo.
Io e Paolino acceleriamo cercando di andare a vedere la parete, Andrea e Gio ci raggiungeranno più tardi per fare qualche ripresa. Dopo otto giorni di avvicinamento finalmente vediamo l’enorme sud del cerro Nora che si trova però in condizioni invernali con ghiaccio e neve attaccati anche sotto i tetti e sulle placche.
Quando qualche ora dopo vediamo anche la parete nord che è in condizioni peggiori perdiamo ogni speranza sulla riuscita perché avendo visto quanto è lungo l’avvicinamento non sappiamo se avremo altre possibilità prima del rientro. Mentre stiamo per tornare indietro però intravediamo una possibilità sullo spigolo ovest che divide le due pareti, sembra una via semplice ma non ci è chiaro se si può passare fra i grossi funghi di neve nella parte alta.
Scaviamo una truna alla base della parete e smettiamo di pensarci. Di notte cala il vento e iniziamo ad arrampicare velocemente fino allo spigolo di roccia che superiamo senza problemi.
Troviamo il passaggio fra i funghi di neve proprio quando la giornata diventa caldissima, da lì una facile camminata sulla cresta ghiacciata ci porta in cima a questa montagna in quello che per noi è il posto più incredibile al mondo.
Il ritorno sarà lungo e ricco di imprevisti con lunghe giornate a piedi, altri boschi, morene e fiumi da guadare prima di iniziare a pagaiare sul piccolo canotto gonfiabile che abbiamo portato in fondo agli zaini per quasi tre settimane.
Insieme a Paolo in questi anni abbiamo passato molte settimane in quel posto, camminando, scalando e soprattutto aspettando nella tenda scossa dal vento.
Quando non eravamo lì fisicamente invece abbiamo sempre pensato alle pareti che avevamo visto e a quelle che avremmo voluto vedere, passando cinque anni a sognare e pianificare il viaggio successivo.
Ora se ripenso alla conclusione di questo ultimo viaggio mi rendo conto che qualcosa è cambiato davvero. Abbiamo più esperienza e conoscenza di questo ghiacciaio, ma soprattutto ci siamo resi conto che anche il nostro stesso passaggio, seppur in minima parte, ha tolto un po’ di quel mistero che inizialmente è stato proprio la spinta per farci partire. Forse quindi questo capitolo si è chiuso, le idee per la testa sono troppe e probabilmente è di nuovo ora di dedicarsi ad altro.
Articolo e fotografie di Luca Schiera, Febbraio 2024
Luca Schiera, Atleta Grivel dal 2017. È un alpinista e scalatore con sede a Erba (Italia).
Prodotto Grivel preferito: moschettone: Wire Lock TAU K12L .