Dal D15 al 9a di Angelika Rainer

Il mio ingresso nel mondo del ghiaccio e del dry-tooling è avvenuto per puro caso. A 18 anni, nel 2005, dopo aver già praticato l’arrampicata sportiva per 6 anni, ho partecipato per divertimento e senza alcuna esperienza ad una gara di dry-tooling e per mia grande sorpresa l’ho vinta.

Mi ha motivato poter imparare una nuova tecnica di arrampicata e sono rimasta affascinata da questi attrezzi affilati da maneggiare con forza ma allo stesso tempo anche con molta delicatezza. All’inizio vedevo il dry-tooling in falesia solo come allenamento per le gare, ma dopo poche uscite con gli amici, ho capito che volevo migliorare anche qui e anno dopo anno ho puntato a salire vie sempre più difficili, fino a spostarmi anche in Canada e in Colorado per misurarmi con le vie di Misto e di dry-tooling più difficili del momento.

(PH Marco Servalli)

(PH Zach Mahone)

(PH Marco Servalli)

Nel 2015 avevo appena ripetuto “The Mustang” in Colorado, il mio primo M14- quando il famoso alpinista inglese Tom Ballard mi ha invitata a provare la sua nuova via, chiodata in una grotta delle Dolomiti. Dopo averla liberata, ha proposto il grado D15, questo significava che sarebbe stata la via di dry-tooling più difficile al mondo in quel momento.
Avevo viaggiato fino in Nordamerica per provare vie difficili, ora era un lusso avere un progetto nelle mie montagne di casa. La via “A Line Above The Sky” è una linea fantastica, che attraversa tutto il soffitto di questa grotta e risulta in una scalata lunga 40 metri, tutta strapiombante quasi in orizzontale.

Per me era da subito chiaro che volevo provare a fare questa via, per la bellezza della linea e del posto dove si trova ma anche per il grado che vedevo come grande obiettivo: scalare la via più dura del mondo!

(PH Jonathan White)

(PH Jonathan White)

(PH Jonathan White)

Ci sono riuscita nel 2017 e raggiungere questo traguardo è stato bellissimo. L’ho percepito come il coronamento dei più di 10 anni in cui ho dedicato tutto il mio cuore e concentrato tutta la mia motivazione sull’arrampicata con le piccozze ed i ramponi. Salire un D15 è stata una pietra miliare per me ma mi ha subito portata in un’altra dimensione, come se si aprisse una nuova pagina o un nuovo capitolo. Non ho sentito la voglia e la determinazione di spingermi verso un altro grado ancora più alto nel dry-tooling, come era accaduto dopo tutte le salite precedenti: sentivo infatti di essere arrivata. Non mi è passata in assoluto la voglia di scalare con le piccozze, ma sono entrata in una nuova fase in cui la mia attenzione è tornata all’arrampicata su roccia.
Considero l’arrampicata su roccia il mio primo amore, perché è con lei che mi sono appassionata del mondo verticale. Dopo i primi anni in cui ho partecipato a gare di arrampicata sportiva fino a vincere la Coppa Italia nel 2007, migliorando nell’arrampicata sportiva in falesia e su vie multipitch, ho scoperto l’arrampicata su ghiaccio e ho concentrato la mia energia quasi esclusivamente sulle gare ed i progetti di dry-tooling. I mesi invernali erano così intensi che in estate scalavo su roccia solo per divertimento, perché non riuscivo a spingere i miei limiti contemporaneamente anche nell’arrampicata sportiva.

(PH Diego Patete)

(PH Nikki Smith)

 

Nel 2017 ho deciso di smettere con le gare di ghiaccio. Ho subito sentito una carica di energia e motivazione e ho deciso di provare ad alzare il mio livello su roccia. Esattamente 6 mesi dopo aver messo la corda nel moschettone finale di “A Line Above The Sky”, ho chiuso il mio primo 8c su roccia (“5 Uve” a Narango, Arco). Dopo questi enormi traguardi raggiunti nel corso di così poco tempo, per un po’ ho pensato di aver raggiunto il mio massimo.

(PH Marco Servalli)

(PH Marco Servalli)

Quando ho iniziato ad arrampicare nel 1999, il 9a era il grado più alto che esisteva. Erano vie famose salite dai top climber, quelli di cui mi appendevo i poster in cameretta. Mai mi sarei sognata di arrivare un giorno a questo grado! Anche dopo il mio 8c, vedevo il 9a ancora lontanissimo. Sono una persona schematica e definisco obiettivi passo dopo passo. Solo un anno e mezzo fa ho concretizzato questo pensiero che nella mia testa ancora sembrava un po’ folle e ho detto ad alta voce: voglio fare il 9a!

(PH Lorenzo Belfrond)

Ho iniziato quindi degli allenamenti mirati per alzare il mio livello e all’inizio del 2022 ho individuato la via “Esclatamasters” in Spagna come possibile progetto. La prima parte della via strapiomba parecchio e richiede movimenti fisici, alternando canne da pinzare con svasi e qualche tacca. Dopo questa prima parte c’è un incastro di ginocchio molto buono dove si possono mollare le mani e riposare per poi affrontare la seconda parte della via, un muro grigio leggermente strapiombante con tacche sfuggenti, su cui spesso non si riesce a mettere neanche tutta la prima falange delle dita.

(PH Genis Zapater)

A ottobre dell’anno scorso sono partita per un primo viaggio in Spagna per vedere la via scelta: era fattibile? Ma soprattutto, mi piaceva? Credo infatti che sia fondamentale lavorare su vie che ci piacciono sia da un punto di vista tecnico sia estetico, per poter dare il massimo e tenere alta la motivazione. Arrivando nella frazione di Perles, un conglomerato di una decina di case di sassi ed una chiesetta romanica, si vede uno spettacolare arco di roccia, e proprio su uno dei lati di questo arco sale la linea di “Esclatamasters”; è stato chiaro da subito che il posto era bellissimo e che la via mi piaceva. Dopo qualche giro sono riuscita a fare tutti i singoli movimenti, anche se un paio erano davvero molto al limite. A quel punto ero carica e speranzosa, perché fare i singoli di una via ha per me sempre significato che prima o poi sarei riuscita a concatenarli tutti, e ho quindi visto la possibilità concreta di portare a casa il risultato.

(PH Genis Zapater)

(PH Genis Zapater)

(PH Genis Zapater)

Tornando a metà febbraio di quest’anno, ho trovato condizioni totalmente diverse, temperature più basse e un venticello frizzante, che mi hanno consentito di sentire le prese molto meglio rispetto ad ottobre. I miglioramenti sono arrivati quasi da subito. Il quarto giorno sulla via sono riuscita ad arrivare in catena con due resting ed il sesto giorno ho ridotto ad un solo resting. Da questo punto ho assistito ad un affascinante processo di continui miglioramenti che non avevo visto su nessun altro progetto in precedenza; ogni giorno che provavo la via riuscivo a fare uno, due, o tre movimenti in più per poi arrivare a rinviare la sosta con un sorriso enorme sulla faccia. Avevo salito il 9a, 6 anni dopo il D15!

(PH Genis Zapater)

(PH Genis Zapater)

Provare a salire una via al proprio limite è una sfida sia fisica che mentale. Ci si immerge totalmente negli allenamenti e durante i tentativi la via diventa il pensiero fisso. Credo che un mio punto forte è riuscire a vivere i tentativi su una via sempre in modo positivo, senza ossessione e senza demoralizzarmi anche nei giorni in cui non riesco a progredire. Vedo ogni giorno su un progetto come una semplice giornata bella in montagna, anche se in quel momento cerco di dare il mio massimo ed eseguire una performance perfetta. 

(PH Genis Zapater)

Ho lavorato in modo concreto con allenamenti mirati per un anno e mezzo per realizzare sia il D15 sia il 9a e salirle è stato una gioia immensa. Su tutte due le due vie, questa felicità è stata amplificata anche dalla sensazione di aver portato a compimento non solo il progetto, ma di aver messo insieme allenamenti, consigli ed esperienze che ho raccolto in tutti questi anni di arrampicata. Il percorso è importante quanto il risultato. Però al contrario del D15, che ho visto come la chiusura di un capitolo, il 9a invece mi ha dato una carica di motivazione. È troppo presto per parlare di altri gradi ma sento di voler andare avanti ad esplorare i miei limiti. Sento di aver ancora energia da investire e sono curiosa di vedere dove mi porterà, dopo quasi 25 anni nel mondo dell’arrampicata. È proprio vero quello che diceva Walt Disney: “if you can dream it, you can do it!”

(PH Marco Zanone)

Angelika Rainer, classe 1986, è atleta Grivel sin dal 2005. Nata in Alto Adige (Italia), è diventata tre volte campionessa mondiale di arrampicata su ghiaccio e due volte vincitrice della Coppa del mondo di arrampicata su ghiaccio. Oggi pratica arrampicata su roccia, arrampicata su ghiaccio e drytooling.
Prodotto preferito Grivel: Dark Machine X ice axes