LA POIRE - PRIMA DISCESA DI EDMOND JOYEUSAZ

Pubblicato il 05/06/2020

Non doveva essere per quest’anno, poi il Covid mi ha costretto a cambiare programma. Avrei dovuto terminare il mio progetto di discese nel Vallese, (Swiss4000SteepSki) ma, l’incertezza sugli spostamenti oltre confine e la possibilità di rimanere di nuovo agli “arresti domiciliari” nel momento in cui fossi rientrato in Italia, mi hanno convinto ad anticipare il progetto di sciare “La Poire”.

La Poire è uno sperone roccioso che si trova poco sotto la cima del Monte Bianco, visto dal basso ha la forma inconfondibile di una pera.
    Il versante Brenva del Monte Bianco è il più selvaggio, aspro e per dimensioni non ha nulla da invidiare alle pareti più blasonate delle montagne Himalayane. Su questa parete si sono cimentati alcuni tra i più forti alpinisti di tutti i tempi, che hanno aperto vie che fanno oramai parte della storia dell’alpinismo. L’idea di sciare dalla cima del Monte Bianco ripercorrendo in discesa la via aperta nel 1979 da Gianni Comino e Giancarlo Grassi mi è venuta osservando la montagna dal balcone di casa. Dopo anni di osservazione e valutazioni, ho individuato un possibile itinerario che dalla cima del Monte Bianco di Courmayeur scende quasi verticalmente tra la Poire e i ripidissimi speroni di roccia della vicina Aiguille Blanche fin sul ghiacciaio della Brenva per 1.500 metri di dislivello.           

Si tratta di una discesa che non ha precedenti per difficolta tecniche, esposizione ai pericoli oggettivi e dislivello totale.

La discesa   
Lunedì 25 maggio 2020 sulla cima del Monte Bianco, la temperatura era abbastanza fredda, intorno ai – 15° con raffiche di vento da ovest fino a 30 km/h. La neve non era dura, ma ventata come spesso accade a quelle quote. Scendendo verso il Monte Bianco di Courmayeur (4.748m) le pendenze sono dolci, così, ho avuto modo di prendere confidenza con il ripido. Avevo sciato pochi giorni prima, nell’ultima seduta di allenamento, ma mai su pendenze importanti; anche al sottoscritto, il Covid 19 ha creato non pochi problemi, per mantenere un minimo di allenamento decente. Proseguendo, dalla cima del Monte Bianco di Courmayeur, le pendenze diventano subito serie, lasciato il primo seracco sulla sinistra, un ripido canale, per fortuna innevato, permette di accedere al seracco di sinistra della Poire.

Quando si osserva questa parte del Monte Bianco dal fondo valle, si ha la sensazione che l’ambiente lassù sia maestoso, ma essere lì, è davvero impressionante.

Il ghiaccio del seracco ha uno spessore di almeno 300 metri e ti rendi conto, che tra quei ghiacci sei un essere insignificante, un palazzo di 10 piani di ghiaccio potrebbe crollare in qualsiasi momento e spazzarti via. Ma anche un piccolo pezzo di ghiaccio grosso come una pallina da tennis se ti colpisce potrebbe farti precipitare. Nei giorni precedenti la discesa, ero stato in volo a perlustrare i seracchi e i canali; le condizioni sembravano buone, anche se non ero riuscito ad avvicinarmi molto, c’era parecchia discendenza a più di 4000 metri, facevo faticata a mantenere la quota, ma poi, il forte vento da nord-ovest che aveva soffiato domenica 24 pomeriggio, ha peggiorato notevolmente le condizioni della montagna. La neve era stata spazzata via, risultato: in tanti punti era affiorato il ghiaccio, che rendeva la discesa notevolmente più difficile e pericolosa.
Superato il primo seracco, non ci sono possibilità di fuga, si deve per forza scendere oppure ritornare a monte scalando, non c’è nessuna possibilità di uscire lateralmente da quell’enorme imbuto di ghiaccio e rocce verticali.

Sono state necessarie 3 corde doppie (120m) per superare la parte sottostante al seracco completamente priva di neve. Per le soste ho utilizza due viti da ghiaccio 360: una da 12 cm e l’altra da 16cm. Per la terza sosta due chiodi da roccia Stiletto 503-705. Ho utilizzato SCREAM KIT per le corde doppie su una corda da 60 m. Successivamente, una stretta lingua di neve in cui stavano a mala pena i miei sci, mi ha permesso di sciare fino alla base del Pilier d’Angle per un totale di 1500 metri di dislivello. La discesa che ho realizzato è sicuramente la più difficile che abbia affrontato nella mia carriera; molto articolata, con pendenze costanti, spesso sopra i 55° con alcuni tratti a 60°.

 

Materiale tecnico GRIVEL utilizzato durante la discesa:

  • Il casco era il DUETTO
  • L’imbrago era il MISTRAL
  • Ho utilizzato SCREAM KIT per le corde doppie su corda da 60 m
  • I bastoncini da sci erano i collaudatissimi e indispensabili CONDOR, che da anni mi accompagnano nelle mie discese più difficili.
  • Per le soste ho utilizzato due viti da ghiaccio Grivel 360: una vite da 12 cm e l’altra da 16cm. Per la terza sosta due chiodi da roccia Stiletto
  • 503-705
  • Lo zaino modello ZEN 35.



Su questo versante del Monte Bianco, a partire dai primi anni 70 si sono cimentati tutti i più forti sciatori estremi:

  • Nel giugno del 1973 l’alto atesino Heni Holzer scende lo sperone della Brenva.
  • Nel 1977 Patrick Vallençant e Anseme Baud scendono dalla cresta di Peuterey.
  • Nell’ aprile del 1978, Toni Valeruz, viene deposto in cima del Monte Bianco da un elicottero e scende con gli sci dal Gran Couloir centrale della Brenva che scende diritto dalla calotta del Monte Bianco, tra il crestone della Via Major e la via della Sentinella Rossa.
  • Nel 1979 Gianni Comino e Stefano de Benedetti scendono dallo sperone della Major.
  • Nel 1988 Pierre Tardivel realizza la prima discesa con gli sci del Pilier d’Angle dopo essere stato depositato sulla cima da un elicottero.

 

Sono particolarmente soddisfatto e fiero di aver lasciato anch’io una “traccia” su questo magnifico versante del Monte Bianco.
Ringrazio il team che da anni mi accompagna in queste avventure:
L’amico e guida alpina Arturo Jacquemod per l’assistenza tecnica.
Jean-Marie Rossi per le immagini e i video.
Simone Vigna per le immagini con il drone.

Le Salite più importanti: 
LA BRENVA CENNI STORICI
Il nome della Brenva è legato a quello di un inglese Thomas Graham Brown, l’ultimo grande personaggio dell’alpinismo inglese che agisce sulle Alpi prima del secondo confitto mondiale. In pochi anni risolve in modo straordinariamente elegante tutti i problemi della grande parete: nel 1927 scala la sentinella Rossa, nell’agosto del 1928 la Major e nel 1933 la Poire. Il 5 agosto 1933, Thomas Graham Brown completa il suo fantastico trittico, e con Alexander Graven e Alfred Aufdenblatten supera lo sperone posto più a sinistra, nel settore più selvaggio di tutta la parete, dove una curiosa torre rocciosa a forma di pera (“la Poire”) si incunea tra due gigantesche cascate di seracchi. La Pera è l’unica porta di accesso alla parte superiore della parete, anzi un piccolo picciuolo di roccia permette proprio di innestarsi ai pendii di ghiaccio superiori. Questa è certamente la via più difficile e rischiosa del versante Brenva, in quanto per giungere alla base è necessario attraversare tutti i canaloni che servono da scarico alle valanghe. Ma, è anche quella che offre l’ambiente più selvaggio, una salita che lascia emozioni e ricordi incancellabili.

 

  • 1865 – 15 luglio. Le guide Svizzere Jakob e Melchior Anderegg accompagnano un gruppo di alpinisti inglesi tra questi Adolphus Warburton Moore l’ideatore del progetto salgono al Monte Bianco per lo Sperone della Brenva, superando senza ramponi, gradinando, pendenze vicine ai 60°. Moore fu l’ideatore e l’animatore dell’impresa, infatti oggi il colle di accesso allo sperone porta il suo nome. La salita dello sperone della Brenva, è uno degli itinerari più classici ed eleganti dell’intera catena alpina.
  • Purtroppo il 17 agosto 1956 Arturo Ottoz, la guida più in vista di Courmayeur in quell’epoca viene travolto da una valanga ai piedi della via Major, aveva già scalato questa via nel 1953 con Toni Gobbi.
  • 1957 – 1/2/3 agosto. Il Grand Pilier d’Angle è venuto alla ribalta nel mondo alpinistico, quando Walter Bonatti e Toni Gobbi superarono la parete Est-Nordest, un pilastro alto più di 900 metri.
  • 1959 - 9 marzo. Sempre nel 59 Walter Bonatti con Gigi Panei, realizzano la Prima salita invernale del Monte Bianco per la via della “Sentinella Rossa”
  • 1959 il 13 settembre. Carlo Mauri, realizza la 1ª Solitaria della Poire.
  • 1969 febbraio. Alessio Ollier e Attilio Ollier con Franco Salluard, realizzano la 1ª Invernale della Poire.
  • 1975- febbraio. Mitsunori Shigi, realizza la 1ª solitaria invernale della Via Major.
  • 1976 - marzo. Mitsunori Shigi, realizza la 1ª Solitaria Invernale della Poire
  • 1979 – notte tra il 10-11 agosto. Gianni Comino e Giancarlo Grassi salgono dal Seracco a sinistra della Poire. Ardua ascensione in ambiente eccezionalmente severo, pericolosissima per la caduta di ghiaccio.
  • Nel 1980 Gianni Comino perde la vita cercando di scalare il seracco racchiuso tra gli speroni della Major e della Poire che sbarra il camino alla parte alta del monte bianco. Ormai nei pressi dell’uscita, Comino viene colpito da una scarica e precipita.

 

 

Informazioni generali

La parete della Brenva, dal patois larice, prende il nome dal ghiacciaio omonimo che un tempo lambiva i pascoli del fondovalle, oggi il suo fronte coperto di detriti occupa l’intero imbocco della Val Veny. Il ghiacciaio della Brenva è il quarto ghiacciaio della Valle d'Aosta: si estende per 730 ettari ed è lungo 6700 metri. Si trova sul versante italiano del massiccio del Monte Bianco all'altezza dell'Aiguille Blanche de Peuterey e dell'Aiguille Noire de Peuterey. È considerata la cascata di ghiaccio più alta delle Alpi: dalla cima del Monte Bianco scende alla Val Veny a quota 1.300 m s.l.m. con un dislivello di 3.500 m. E’ un versante imponente, dalle caratteristiche Himalayane per dislivello e morfologia, prevalentemente di ghiaccio, caratterizzato da tre contrafforti principali in parte rocciosi separati tra loro da ripidissimi colatoi e gigantesche seraccate. Su questa straordinaria parete, alta fino a 1.400 metri e ancor più larga, sono tracciate alcune vie tra le più belle e prestigiose delle Alpi, tutte serie, lunghe e impegnative. E’ una parete pericolosa, importanti crolli di seracchi e scariche di sassi sono all’ordine del giorno, qualsiasi itinerario si voglia percorrere è necessario partire presto la notte per essere fuori dal tiro delle scariche al sorgere del sole, non va dimenticato che la parete è orientata a est. La calotta glaciale che costituisce l'edificio sommitale del Monte Bianco, affacciandosi sul versante della Brenva si arriccia come una fronte accigliata e corrugata e forma alcune cascate di seracchi che restano paurosamente sospese in bilico sopra i canaloni di neve e di ghiaccio, che servono appunto da scarico alle valanghe di neve generate dalle cadute di blocchi di ghiaccio. Questi orridi e profondi canaloni sono separati da alcuni speroni in rilievo, rocciosi e ghiacciati, che costituiscono l'unico punto relativamente al sicuro dalle cadute di seracchi, ed è lungo questi speroni che si sono svolte le vie di salita. Ma per raggiungere la base delle creste sovente è necessario attraversare i numerosi canaloni esposti alle scariche: le salite su questo versante richiedono un grande equilibrio nervoso ed una provata esperienza tecnica.



Edmond Joyeusaz
Classe 1958, vive da sempre a Courmayeur ai piedi del Monte Bianco. Guida Alpina e sciatore estremo, è detentore di numerose prime discese in Himalaya e sulle Alpi.
Prodotti preferiti: Condor 3, Scream kit, imbrago Mistral