Dalle Murcielago alle Dark Machine e oltre - di Stefano Azzali
Il percorso della ricerca e sviluppo non è mai lineare. Si prova ad andare avanti, ma a volte è necessario tornare indietro, si oscilla a destra e sinistra, cercando il passaggio migliore. Si parte con delle idee e spesso si è costretti a cambiarle, modificarle, evolverle … anche stravolgerle.
Nel nostro caso, è animato dalla passione e dalla voglia di creare i prodotti migliori, e di superarsi sempre.
Questa è la storia dell’ultima generazione di piccozze tecniche. Una storia lunga 20 anni, in sette tappe. Una storia che sicuramente non è ancora finita.
Antefatto - Gennaio 2002. Val Daone
Muovo qualche passo a destra. Pianto ramponi e picche artigianali sullo scivolo di ghiaccio che porta al muro più verticale. Metto una vite, artigianale anche questa.
Mentre avvito qualcosa mi tocca la gamba, è Bibo, il cane di Placido.
“Ho piantato una vite dove è salito anche un cane”.
Con il sospetto di non essere un fenomeno del ghiaccio verticale, raggiungo la sosta.
Bibo è scivolato giù, piantando le unghie alla gatto Silvestro per venti metri ma è tutto intero.
Dovevo migliorare, allenarmi duramente, programmare salite al freddo e ore di trave… oppure migliorare gli attrezzi.
Ho scelto di migliorare gli attrezzi, lanciandomi in un percorso che continua ancora oggi.
Parte 1 – 2003/2004: Le Murcielago
Nella caldissima estate 2003 incontro Bubu Bole, uno degli atleti più in vista allora. Gli avevo scritto una mail pochi giorni prima con un paio di foto degli attrezzi che mi ero costruito ed era rimasto colpito dalla possibilità di costruire attrezzi dalla sagoma complessa. Lui stava cercando di trasformare in metallo un’idea che coltivava da tempo: un attrezzo da competizione svincolato dagli standard della produzione in serie. Ci sediamo alla scrivania a disegnare l’attrezzo del nuovo millennio.
Disegnare una picca accanto a Bubu è come progettare una moto insieme a Valentino Rossi, a ogni parte dell’attrezzo dedichiamo moltissimo tempo.
Ero rimasto sorpreso dal disinteresse di Bubu per il ghiaccio, cercava un attrezzo per pareti estremamente strapiombanti, “la scala dei gradi su ghiaccio è una scala chiusa, il ghiaccio non strapiomba mai e per allenarti sul verticale devi salire con i pattini”. Con il tempo scoprii che aveva ragione, progettare un attrezzo pensandolo per il dry è il modo migliore per creare una buona picca da ghiaccio.
Qualche centiniaio di ore di disegni e test più tardi, la prima piccozza integrale in materiale composito è una realtà. Sagoma innovativa, ergonomia su entrambe le impugnature, manico sottile in carbonkevlar, becca in acciaio microlegato, collare e placchette della testa in titanio. Vista appesa in negozio in mezzo alla concorrenza dell’epoca sembrava una Ferrari in un parcheggio di Twingo.
Vengono usate da subito in coppa del mondo, il terreno più severo in assoluto.
Ricaviamo informazioni e le utilizziamo per migliorare il prodotto, continuamente.
L’anno successivo, il 2004, l’attrezzo è già tutto nuovo. Aumentiamo il volume del manico e delle impugnature, la becca è resa modulabile e vengono aggiunte delle protezioni in alluminio attorno alla testa. Ottimizziamo l’impugnatura per i rovesci. Passando dal carbonkevlar al carbonio l’attrezzo acquisisce rigidità e la resistenza a trazione passa da 500 a 1000 kg.
Parte 2 – 2005: Le FLAMINGO
Esaltati dalle prestazioni della Murcielago, pensiamo allora di declinarne una versione per il ghiaccio, con la sagoma ottimizzata per avere la miglior battuta possibile. Nasce così la Flamingo.
La prima coppia di Flamingo verrà utilizzata da Ermanno Salvaterra sulla nord del Cerro Torre, con ali in titanio per galleggiare sulla schiuma ghiacciata del fungo sommitale. Il disegno lo avevamo fatto insieme pochi mesi prima sul tavolo del rifugio XII apostoli, un angolo confortevole nel lunare panorama della parte meridionale delle dolomiti di Brenta, gestito da Ermanno. Ma questa è un’altra storia!
La Flamingo diventerà una piccozza molto apprezzata sul ghiaccio da molti climber, a tutti i livelli, pur restando un prodotto di nicchia con produzioni molto limitate. C’è chi le usa e apprezza ancora oggi!
Parte 3 – 2006-2010: Lo sviluppo delle Murcielago e delle Flamingo
Dagli accorgimenti ricavati dall’utilizzo in condizioni severe aggiorniamo continuamente i modelli.
Sono gli anni dei primi titoli mondiali vinti dagli atleti, delle omologazioni al TUV di Monaco, dei test sulle vie di dry più dure del mondo e dello sviluppo delle tecniche di produzione per fare fronte alle richieste crescenti.
Nel 2009 arriva la Murcielago Ergal, che nasce da due constatazioni.
Primo, lo stampaggio del carbonio in autoclave non permette produzioni in serie.
Secondo, la fresatura cnc dal pieno è un modo più veloce ed economico di realizzare attrezzi dalla sagoma complessa.
Per questi attrezzi il pezzo viene ricavato da una lastra di alluminio aereonautico, un po’ come avviene con le sculture, si toglie il materiale di troppo.
Il punto di forza di questi attrezzi è l’estrema solidità. Ad esclusione della connessione becca-manico l’attrezzo è integrale, teoricamente senza punti deboli. Rispetto agli attrezzi in carbonio sono però più pesanti e meno isolati termicamente.
Nel 2010, da una foto sulla via Exocet mi viene in mente di disegnare un attrezzo dedicato alle vie di ghiaccio di colata, sottile e con roccia sotto. In questo caso invece di privilegiare la battuta sono ottimizzati angolo di aggancio tra becca e ghiaccio e inclinazione dell’impugnatura. L’idea è quella di sostituire la battuta con un movimento simile a quello del “raschiare” il ghiaccio, in modo da non danneggiarlo nel momento in cui fosse stato troppo sottile per subire le battute classiche degli attrezzi.
Nasce così la Master Alloy: alluminio aereonautico, inserti in carbonio per ridurre le vibrazioni, puntale sostituibile. Attrezzo versatile, dal misto al ghiaccio al dry tooling, becche dedicate ai vari terreni, cambio becca velocissimo, semplice e affidabile. Suggestione personale: le Master Alloy mi hanno sempre ricordato la Lancia Delta Integrale: spigolosa, rigida, rabbiosa e imperfetta su ogni terreno, ma polivalente e sicuramente “recente” anche fra 30 anni.
Parte 4 – 2010-2016: Il Reparto Corse Grivel
Nel 2010 inizia l’avventura Reparto Corse in Grivel, dove mi accolgono con un benvenuto impegnativo: “al mondo ci sono almeno 6 fabbriche in grado di produrre auto rosse che vanno a 300 all’ora… le Ferrari però le fanno solo a Maranello”.
Viene “alzato il volume” dello sviluppo di attrezzi ad elevato contenuto di innovazione con un reparto R&D che realizza prototipi utilizzabili dagli atleti di coppa del mondo ma anche da alpinisti di alto livello, impegnati su progetti impegnativi e appassionati di materiali avanzati.
Come nel caso delle Ferrari i prodotti oltre ad essere affidabili ed efficaci devono soddisfare requisiti estetici che li rendano immediatamente riconoscibili.
Nei sei anni in cui il Reparto Corse è stato operativo gli atleti Grivel hanno vinto 11 titoli mondiali su 12 disponibili.
Nel 2011 iniziamo una ricerca di materiali alternativi per la costruzione dei manici.
Acciaio (2011). Il primo è l’acciaio, con cui realizziamo l’attrezzo più economico sul mercato, la X-Blade, con becca e manico integrali in acciaio microlegato. Sostanzialmente indistruttibile e pensato per le guide alpine con diversi clienti al seguito e per essere l’attrezzo entry level con becca performante come gli attrezzi più costosi. Uno dei prototipi era in acciaio balistico, se oggi giochiamo con le becche indistruttibili è anche merito dei test su questo semplice attrezzo.
Magnesio (2012). Il magnesio è il più leggero dei metalli, peso specifico 1.7 gr/cm3, che paragonati ai 2.8 dell’alluminio e ai 4.5 del titanio lo rendono terribilmente affascinante. La Avatar è la prima piccozza al mondo ad impiegare magnesio, la Encelado è un’evoluzione delle Master Alloy che con questo materiale risultano essere più leggere degli attrezzi in carbonio. Terribilmente costoso, difficile da gestire e proteggere ma superleggero. Sarà l’arma del prossimo futuro?
Purtroppo resteranno solo dei prototipi, perché non tutte le ciambelle escono con il buco! Testammo le piccozze in magnesio con Angelika Rainer, pluricampionessa mondiale in grado di capire al volo un attrezzo, non funzionavano, troppo morbide.
Angelika Rainer, "Clash of the Titans", Helmcken Falls, ph Klaus Dell'Orto.
Titanio (2013). Il titanio è un materiale con un peso specifico che sta a metà fra l’alluminio e l’acciaio, ha un’elevatissima resistenza a corrosione tanto da non necessitare di alcuna protezione tramite verniciatura o anodizzazione. Inattaccabile, “un titanio è per sempre”.
Oltre agli accessori per gli attrezzi più costosi è possibile realizzare manici completamente in titanio, l’assorbimento delle vibrazioni è ottimale. Ma anche qui rimangono prototipi, l’equilibrio tra funzionalità, producibilità ed economicità non viene trovato.
Avional (alluminio aereonautico, 2014). Abbiamo realizzato gli attrezzi da competizione più lunghi in assoluto, con dettaglio dedicati alle gare, queste picche avevano un “morso” per tenere facilmente in bocca la picca. In questo caso l’alluminio aereonautico era il materiale più adatto.
Massa variabile (2015). Piccozza a massa variabile per il misto con sezioni di ghiaccio severe, aveva 50 grammi di piombini da pesca che scorrevano lungo il manico, nelle sezioni di dry stavano all’interno dell’impugnatura rendendo l’attrezzo leggero in testa e facile da manovrare , sulle sezioni di ghiaccio, quando serve battere, bastava portare la picca sopra la spalla in posizione di battuta e lasciare scorrere i piombi lungo il manico fina alla testa.
Non abbiamo proseguito per il rumore dei piombi che scorrono nel manico che risultava essere fastidioso.
Parte 5 – 2016-2017: Non tutto il male viene per nuocere.
Nel 2016 succede un fatto particolare: mi portano una Murcielago rotta in gara per capire cosa possa essere successo.
Giocando con i pezzi rimasti integri infilo l’impugnatura in un vecchio tubo delle Quantum Race Grivel, rivestito in carbonio, calzava alla perfezione.
Sono nate così, dalla rottura di un attrezzo, le Comp Machine, naturale evoluzione delle Murcielago.
L’attrezzo utilizza materiali via via più pesanti in direzione della testa. Carbonio per l’impugnatura, leggero e termicamente isolante, tubolare in alluminio sul manico, testa in alluminio forgiato , becca in acciaio. La “densità” dei materiali utilizzati aumenta verso la parte che andrà ad impattare sul ghiaccio.
La Comp Machine non diventerà mai un prodotto, resterà però un prototipo evoluto, usato e apprezzato da molti atleti ma senza arrivare al mercato. Necessitava di un passo in più …
Thomas Bubendorfer, ph Lorenzo Belfrond Photographia for Grivel
Parte 6 – 2018: Dark Machine X e Dark Machine
L’evoluzione degli attrezzi è sempre passata attraverso idee sbagliate, prototipi abbandonati e soluzioni non realizzabili. La ricerca della leggerezza è però rimasta una costante nei decenni; a fine anni 80 gli attrezzi pesavano più di 800 grammi, in quarant’anni abbiamo dimezzato il peso degli attrezzi a gradini di 10 grammi alla volta.
Costanti sono rimasti i test sui terreni più severi, qui sotto Gabriele Bagnoli testa le becche in balistico sul terreno più severo possibile. D15, difficoltà che 20 anni fa non era neppure pensabile e dove ergonomia e leggerezza non sono una comoda miglioria, sono necessarie per sopportare i carichi sulle mani.
Angelika Rainer sulle vie di ghiaccio più difficili del pianeta. Ph Nikki Smith.
L’evoluzione delle Comp è la Dark Machine X, impugnatura ottimizzata con grip ricavato direttamente dal composito, manico in tubolare in alluminio aereonautico rivestito di carbonio per ottimizzare il peso e l’isolamento termico, testa forgiata, becche dedicate a dry e ghiaccio.
Nasce così anche la Dark Machine, con impugnatura ottimizzata per l’arrampicata su ghiaccio, meno estrema della Dark X, ne facilita battuta, estrazione e controllo, riduce il peso rispetto alla X.
Ogni millimetro di questo attrezzo è studiato e ragionato e il risultato è il perfetto equilibrio fra aggancio e battuta, penetrazione e estrazione.
10 anni fa un attrezzo per essere accettabile doveva pesare meno di 650 grammi, oggi il limite è 500 grammi.
La Dark Machine pesa 490 grammi, con una becca pesante, non piena di fori per imbrogliare la bilancia. Adottano il sistema Vario per configurare velocemente la testa (neutro, paletta, martello leggero, martello pesante). Ci abbiamo messo tutto quello che sapevamo.
Le Dark Machine e Dark Machine X vengono presentate al mercato all’ISPO di gennaio 2019, e sono disponibili nei negozi da novembre 2019.
Per la prima volta in questa lunga storia, si tratta ora di prodotti “industriali” che hanno superato la fase artigianale/pionieristica e che sono prodotti in serie, in grandi quantità, certificati secondo le norme, e diffusi in tutto il mondo. Nonostante il prezzo molto elevato, il loro successo supera le aspettative.
Parte 7 – 2019-2022: Verso il futuro, dalla pandemia a Shakespeare
Dal 2019 è anche attivo in Grivel il nucleo speciale “Attrezzi del futuro”, dedicato proprio allo sviluppo di questi attrezzi, dalle forme alle tecnologie ai materiali.
La condivisione è rapida, le idee circolano rapidamente. Bozze, progetti, test, foto, ecc.
Una piccola rivoluzione, una realtà in cui migliorare lo stesso prodotto ogni anno è parte stessa dell’azienda.
Il 2020 inizia con i dubbi legati alla possibilità che l’epidemia di coronavirus possa raggiungere l’Europa. Alla fiera Ispo di gennaio non si parla d’altro, la fiera con migliaia di persone da tutto il mondo senza mascherina sembra lontana decenni, invece sono passati solo 24 mesi.
La nuova idea di piccozza in carbonio è nata nelle settimane di lockdown della primavera 2020.
Il giorno prima di mettere le idee su carta sono stato a Maranello al museo Ferrari, c’era l’auto del 1990 di Mansell, pulita, essenziale, perfetta anche con gli occhiali appannati dalla mascherina.
La nuova piccozza pesa 400 grammi.
Vengono estremizzati i concetti della Dark Machine e Dark Machine X: estrema leggerezza, baricentro alto e molto vicino alla becca, ergonomia minimale dell’impugnatura.
La distanza fra questo attrezzo e la concorrenza è la stessa che separa gli scacchi dal tris, la stessa che c’è fra la Ferrari di Mansell e la uno turbo.
La facciamo davvero? Essere o non essere, questo è il problema!
Stefano Azzali, nella squadra Grivel dal 2010. Ex docente di metallurgia, progettista, welding inspector, operatore controlli non distruttivi.
Per mestiere cerco di unire tra loro oggetti in metallo, una specie di lego da adulti. Ho arrampicato diversi anni in Dolomiti riuscendo a divertirmi senza mai fare cose difficili. Gli attrezzi da ghiaccio sono il mio terreno di gioco preferito, sono abbastanza piccoli e leggeri da permettere di impiegare materiali costosi. Ogni stagione importuno Grivel per fare una picca nuova. Prometto di continuare.