Lame da Ghiaccio - Storia e Tecnologia
Salire sul ghiaccio, con l’ausilio di una lama. Vincere pendenze apparentemente invincibili, procedendo su ciò che è effimero ed aleatorio per definizione, su ciò che era liquido, era pioggia, era il salto di un torrente, e poi tornerà a essere liquido. Un buco nell’acqua è sinonimo di fallimento, ma salire su una serie di buchi nel ghiaccio è una delle esperienze più adrenaliniche ed estetiche che si possano vivere.
Lo schema della progressione con le lame è semplice: pianti la picca bucando il ghiaccio, carichi il peso e procedi, passo dopo passo.
La storia delle becche delle piccozze parte da molto lontano e Grivel ne ha da sempre seguito e spesso anticipato l’evoluzione.
Nel 1786 Balmat sale sulla cima del Monte Bianco impugnando un lungo bastone ferrato in punta e, fissata alla cintura, una accetta dal manico corto; si parla quindi di bastoni o di alpenstock anche molto lunghi per facilitare la discesa e sondare la neve.
Un'alabarda in miniatura.
La piccozza nasce verso il 1840 unendo queste due componenti: l’attrezzo doveva essere soprattutto adatto a tagliare gradini per sopperire alla mancanza della tecnica dell’uso dei ramponi (che non erano ancora stati inventati!).
Le prime becche erano quasi diritte, senza denti: questi ultimi sono apparsi solo successivamente con due o tre intagli solo nella zona della punta.
Le piccozze erano principalmente uno strumento da utilizzare come bastone in appoggio e appunto per scavare gradini dove appoggiare i piedi.
La piccozza moderna nasce con i ramponi.
Solo nei primi anni del ventesimo secolo, con l’uso generalizzato dei ramponi (i primi sono stati realizzati proprio da Grivel nel 1909), la piccozza prende una forma più “moderna”: la becca si allunga, circa due volte la misura della paletta, ed il manico comincia ad accorciarsi, dai 2/3 dell’altezza della persona a circa la metà della statura; appaiono i primi denti sulla becca per migliorare le doti di ancoraggio.
La Trasformazione.
Nel 1938 il tedesco Andreas Heckmair per vincere la parete nord dell’Eiger usa anche una piccozza più corta con la becca molto inclinata, di costruzione artigianale.
Verso la metà degli anni ’50 l’alpinista austriaco Kurt Diemberger introduce il “pugnale da ghiaccio”, che piantato all’altezza delle spalle permetteva di togliere e ripiantare la piccozza più in alto senza perdere l’equilibrio: si poteva parlare per la prima volta di secondo attrezzo per la progressione.
Le piccozze cambiano faccia: la becca viene realizzata con una inclinazione maggiore e con un numero maggiore di denti, in qualche caso anche sul lato superiore della lama. Questo garantisce un ancoraggio più saldo, ma complicava la successiva estrazione dell’attrezzo.
La rivoluzione della piolet Traction.
A partire dai primi anni ‘70 si impone il nuovo modo di arrampicare sul ghiaccio con due attrezzi che viene chiamato “piolet traction”: tecnica utilizzata per la prima salita Couloir Nord dei Dru (1973) ad opera di Walter Cecchinel e Claude Jager, salita che sulle alpi si identifica come la prima con questa tecnica.
La trasformazione radicale si ha poi quando viene modificata l’inclinazione della lama verso il basso per favorire la trazione, ma complicando la penetrazione nel ghiaccio.
Nello stesso tempo si accorciano le lunghezze dei manici: utilizzando gli attrezzi solo in trazione risultavano compromettere la possibilità di piantarli sopra la testa su pendenze che si avvicinavano rapidamente ai 90 gradi.
Dal ghiaccio scozzese arriva la Terrordactyl.
Negli stessi anni dobbiamo però registrare che gli alpinisti scozzesi erano già molto avanti tecnicamente, dato anche il terreno sul quale arrampicavano con salite su pareti ghiacciate superficialmente e fessure intasate di ghiaccio: più che una piccozza vera e propria serviva una sorta di “gancio” da incastrare nelle fessure e da agganciare sugli appigli di roccia: da qui la nascita della prima piccozza simile alle attuali chiamata Terrordactyl disegnata e utilizzata da Mc Innes.
Manico cortissimo e becca super solida ma anche questa molto corta con 4 denti sulla punta, molto inclinata (oltre 45 gradi), ma di forma diritta che funzionava bene per gli agganci, ma molto difficile da piantare dato l’angolo di infissione, con conseguenze disastrose anche per le dita che sbattevano contro la parete. E aveva un peso di oltre 800 grammi!
La nascita della "banana".
Nel 1975 nasce l’idea di invertire la curvatura della punta, in America con Forrest, in Francia con Simond. Nasce la “Chacal”, con la lama a curvatura inversa detta “a banana” che in pratica si usa ancora oggi. La forma a banana aiuta moltissimo la penetrazione nel ghiaccio e allo stesso tempo consente un’ottima trazione.
La lama Chacal presentava una dentatura completa fino al manico, ma aveva anche dei limiti: il primo era la sua lunghezza, maggiore rispetto a Terrodactyl, ma ancora troppo corta per salvaguardare le dita dell’arrampicatore, la seconda che la curvatura era appena accennata ed era comunque difficile piantarla nel ghiaccio e una volta piantata era molto difficile estrarla, la terza che lo spessore della lama era troppo elevato e il materiale con cui era realizzata era piuttosto fragile rompendosi frequentemente soprattutto se usata in torsione.
All’inizio degli anni ‘80 si impongono gli attrezzi modulari (Simond, Grivel, Stubai, Lowe), meglio dire con lame e martelli/palette sostituibili.
Entrano in gioco le lame Grivel.
Nei primi anni ’80, Grivel fa un passo avanti in questa evoluzione con Super Courmayeur, un sistema di lame e accessori intercambiabili sui manici. Il sistema include anche la prima lama forgiata con forma a banana ed intercambiabile.
Il processo di forgiatura rende possibile la realizzazione di lame più sottili che spaccano meno il ghiaccio ed entrano più facilmente. Sono meno fragili e per la prima volta la curva della banana viene accentuata per facilitare l’infissione e la lama viene anche allungata di qualche centimetro. Accorgimenti particolari venivano riservati anche alla facilità di estrazione aumentando la curvatura della parte superiore della lama, aumentando la affilatura superiore. Le soste venivano spesso effettuate sulle piccozze (i chiodi erano quasi sempre l’anello debole del sistema), per questo Grivel inventa una lama con la parte superiore molto alta in modo da poterla piantare a fondo usando il martello per creare un punto di ancoraggio sicuro.
Tra la fine degli anni ’80 e gli anni ’90 la scalata sul ghiaccio evolve molto rapidamente, così come l’attrezzatura. I manici iniziano a curvarsi (ma questa è un’altra storia…) e le lame devono rispondere ad esigenze tecniche sempre più difficili, per salite sempre più impegnative.
Nei primi anni ’90 le becche sono per lo più piatte o solo con un lieve scavo centrale di lunghezza leggermente superiore a quella di riferimento Chacal, con dentatura omogenea (a mezzelune) che rappresentavano già allora il miglior compromesso tenuta – estrazione.
La specializzazione: a ciascuno la sua lama.
Nel 1993 Grivel inizia a differenziare e specializzare le lame a seconda del loro utilizzo.
La Evolution era veramente una becca “estrema” da ghiaccio con forma a banana molto allungata che veniva anche chiamata “a proboscide”, bassissima in punta e di spessore ridottissimo nella zona della punta per una ottimale penetrazione senza spaccare il ghiaccio. La punta era molto bassa e molto inclinata, mentre i denti cortissimi in punta aumentavano di altezza progressivamente.
La becca Face Nord era invece più all-round, più corta e più spessa con dentatura meno aggressiva e quindi più adatta ad un uso “pesante” per salite in montagna (es. pareti nord, misto).
La ricerca della leggerezza.
In quegli anni però inizia anche a prendere piede l’idea della leggerezza massima degli attrezzi per risparmiare fatica sulle braccia per cui tutte le masse eccedenti vengono eliminate riducendo le piccozze e le lame al minimo essenziale. Le lame vengono scavate all’interno, assumendo un profilo a trave a doppia T che consente un ulteriore alleggerimento senza comprometterne la resistenza.
Nel 1995 la becca Evolution viene ulteriormente scavata e alleggerita, nel frattempo viene presentata una nuova becca Goulottes intermedia, più sottile della Face Nord, ma più corta e più alta della Evolution. Quest’ultima rimaneva il top, di disegno veramente unico, caratterizzato da un cambio netto di curvatura nella zona della punta per facilitare al massimo l’infissione: questo punto diventava anche il punto critico della becca e spesso la lama si piegava (senza rompersi peraltro) e poteva essere raddrizzata.
Poco dopo si aggiunge anche la lama tubolare, con l’obiettivo di rompere meno il ghiaccio, e che funzionava bene specialmente su ghiaccio poroso. Una idea promossa inizialmente dagli americani, Lowe in testa e trasferite anche sulle Alpi: mentre quasi tutte le aziende facevano delle becche tubolari diritte (ricavate da un tubo) Grivel propone una lama forgiata tubolare e su una forma a banana!
Nel 1997 viene introdotta la rivoluzionaria piccozza “The Machine”, con l’introduzione di due nuove becche: la Cascade e la Mixte che sostituiscono le precedenti.
La prima è una Evolution meno estrema più alta in punta, meno piegata e con dentatura più morbida, la seconda una becca di gran lunga più spessa e pesante che termina anche nella parte superiore con una zona a cuneo per facilitare gli incastri nelle fessure. Una lama da utilizzare su vie di misto ma non performante su ghiaccio.
Una scelta di super-specializzazione dettata anche dal rapido sviluppo del misto moderno che stava iniziando in quegli anni. Si iniziava anche l’allenamento indoor con le piccozze su prese artificiali e per evitare di non rovinarle nel 2000 Grivel presenta una becca Indoor rivestita di plastica:
successivamente si sono differenziate le strutture e non era più necessaria una becca in plastica anzi sulla spinta delle competizioni di arrampicata su ghiaccio sono state realizzate delle becche molto appuntite per agganciarsi negli appigli e creare un migliore aggancio. Nascono così le vere e proprie becche da dry tooling, e da gara.
Tempi moderni e contemporanei.
Negli anni 2000 e oltre, le becche continuano la strada della specializzazione, classificabile in:
1) becche da ghiaccio puro: le più sottili, sono affilate e hanno sagoma e dentatura specifica per facilitare la penetrazione nel ghiaccio e la successiva estrazione. TOTAL ICE VARIO .
2) becche da montagna, e da misto: lame robuste e polivalenti, adatte ad un uso su terreni di montagna in cui si alternano il ghiaccio, la roccia e ogni possibile combinazione delle due. ICE VARIO e ALPINE VARIO. KATANA ICE VARIO.
3) becche da dry e da competizione: sono becche robuste e spesse, pensate per gli agganci tipici del dry tooling e delle gare. La loro sagoma uncinata ne rende problematico l’uso sul ghiaccio. TOTAL DRY VARIO e DRY PLUS.
La tecnologia ha un peso fondamentale.
Le becche venivano inizialmente ricavate dall’acciaio di recupero dei binari ferroviari, successivamente realizzate con leghe al cromo-molibdeno che venivano sagomate tramite battitura e fucinatura per ottenere la forma desiderata, quindi temprate con una procedura artigianale, tramandata come un’arte. Se analizziamo l’evoluzione dell’arrampicata su ghiaccio l’influenza dello sviluppo tecnologico dei materiali è stato determinante per il progresso delle performance sportive!
Oggi le becche vengono prodotte con operazioni industrializzate e temperature molto elevate.Fino agli anni ’90 venivano utilizzati acciai debolmente legati al Nichel- Cromo-Molibdeno che venivano poi temprati e rinvenuti, ma talvolta ancora succedeva che qualche becca si spezzasse durante l’utilizzo, dai primi anni 2000 gli acciai vengono forniti con valori di fosforo e zolfo particolarmente bassi ed oggi rompere una becca è una eventualità piuttosto remota.
Per le becche delle piccozze tecniche, utilizziamo oggi due tipologie di produzione:
Forgiatura: è una deformazione plastica a caldo del metallo, permette di ottenere sagome molto elaborate e tridimensionali, permette di variare gli spessori sullo stesso pezzo e sostanzialmente mettere la giusta quantità di materiale in ogni sezione della becca, alleggerendo dove la stessa è soggetta a minor carico.
Permette di ottenere dettagli eleganti come scritte in rilievo e nervature a spessore differenziato, rugosità diverse su porzioni diverse della becca e rende più facile e precisa l’affilatura. La rugosità derivata da questo processo e il tipo di acciaio utilizzato, Nichel Cromo Molibdeno, sono un vantaggio negli incastri in fessure tipiche della pratica più alpinistica con attrezzi. Le qualità estetiche di un pezzo forgiato a caldo lo rendono un oggetto che richiama un’antica arte che in Grivel viene tramandata da 7 generazioni. ICE VARIO, ALPINE VARIO.
Sagomatura CNC: partendo da materiale di altissima qualità, si estrae la sagoma desiderata.
Non essendoci deformazione del materiale durante le fasi di produzione possibile utilizzare materiali con caratteristiche meccaniche superiori, cioè acciai microlegati, ottenendo becche più sottili e uniformi lungo tutta la sezione. Il maggior pregio sta nella qualità del grano dell’acciaio che è super-affinato a garanzia della totale assenza di difetti, controllati sistematicamente tramite controllo ultrasonoro. TOTAL ICE VARIO e TOTAL DRY VARIO e DRY PLUS.
Becche Katana.
L’ultima generazione di becche Grivel si chiama KATANA, come le antiche lame giapponesi con cui queste becche condividono alcune caratteristiche.
Le spade giapponesi venivano prodotte partendo da due piatti in acciaio, uno ad elevato tenore di carbonio, l’altro in acciaio dolce. I due piatti venivano scaldati e uniti per battitura, venivano poi ripiegati ottenendo 4 strati, di nuovo ripiegati ottenendo 8 strati fino a 15 pieghe successive, con cui si ottengono migliaia di strati di acciaio alternati. L’alternanza dei sottilissimi strati bilanciava le caratteristiche di durezza (strati duri) e flessibilità della spada (strati in acciaio dolce).
In modo analogo l’acciaio delle becche Katana Grivel è composto da una matrice dove gli elementi di lega sono microdiffusi simulando, ma in modo più efficace e ripetibile, l’alternanza degli strati delle antiche spade.
Il risultato è una serie di punte affidabili e durevoli, che apre la strada a una nuova generazione di attrezzi e accessori disponibili.
Questa è la scelta logica per chi volesse una serie di becche e punte molto performanti, per salite molto tecniche o una spedizione impegnativa, dove una ri-affilatura in parete può risultare complicata, o a chi semplicemente avesse voglia di sperimentare le becche più avanzate disponibili oggi in commercio.
Elevate caratteristiche meccaniche permettono di mantenere bassi gli spessori e sezioni ribassate, becche alleggerite, peso spostato in avanti, l’arma definitiva per il misto tecnico.
Prodotti linea Katana: Katana Ice Vario, Katana G20 plus points, Katana G22 plus points.