La transizione low carbon: la necessità di cambiare e la ricerca di nuove strade - Professor Marco Grasso

Pubblicato il 06/08/2021

Abbiamo bisogno di cambiare; tendiamo a considerare questa ricorrente affermazione come una chiamata a trasformare le nostre comode abitudini e stili di vita agiati; 'dobbiamo cambiare' è una sorta di campanello d'allarme che ci ricorda che è necessario fare ciò che abbiamo fatto fino ad ora – con metodo, costanza e operosità – in modo diverso.

Potremmo pensare, ad esempio, che a causa della pressione alta e del colesterolo rilevati da un esame del sangue di routine, ci troveremmo di fronte a scelte definitive: cambiare per ridurre i rischi, oppure continuare allo stesso modo ad accettare i rischi e le loro conseguenze. Non c'è scorciatoia: promettere che cambieremo e non farlo davvero non ci salverà dal prossimo esame del sangue e, soprattutto, dalle patologie associate a ciò che ne deriva. Dobbiamo decidere. In pratica, per cambiare l'attuale malfunzionamento del nostro corpo, dobbiamo cambiare la nostra dieta, fare esercizio, smettere di fumare, rilassarci; in altre parole, dobbiamo acquisire nuove abitudini e trasformare quelle alle quali non possiamo rinunciare.

Quando si parla di trasformare il modo in cui produciamo i nostri beni e servizi accade qualcosa di simile; dobbiamo stabilire nuove relazioni che ci permettano di continuare i nostri modi di produzione escludendo quelli derivanti da vecchie abitudini sconsiderate che hanno generato conseguenze dannose. La società non è un corpo umano e la nostra metafora biomedica si applica solo in una certa misura. Tuttavia, la situazione attuale ci costringe a riflettere – sempre più frequentemente e profondamente – su come cambiare radicalmente gli attuali sistemi socio-economici per scongiurare l'impedimento della crisi ecologica globale.

Tra questi inevitabili cambiamenti, il progressivo abbandono dei combustibili fossili è sicuramente il più urgente. Ma è difficile andare avanti con le nostre vite senza fare affidamento sui combustibili fossili, molto difficile. I combustibili fossili permeano le nostre vite in modi infiniti. Sono ovunque, nei vestiti, nei mobili, nei computer e negli smartphone, nel dentifricio, nel rossetto e nelle medicine; sono l'energia primaria e la fonte di carburante dell'economia globale. I combustibili fossili lubrificano anche le catene di approvvigionamento globali che ci portano i doni della Terra. Anche uno dei prodotti di consumo più semplici che si possano immaginare, un caposaldo del guardaroba di tutti, dagli hipster di Brooklyn ai più umili raccoglitori di pomodori immigrati nel sud Europa, una semplice t-shirt di cotone bianco, apparentemente “oil-free”, è un magistrale trionfo della cooperazione e del coordinamento globali. Il cotone viene piantato, coltivato e raccolto nel Mississippi con prodotti chimici e macchinari alimentati a petrolio; quindi, viene spedito tramite mezzi di trasporto a petrolio nelle fabbriche di filatura in Indonesia; il filato viaggia su navi anch’esse alimentate dal petrolio verso le fabbriche di abbigliamento in Asia meridionale e America Latina. Per finire, l'industria navale globale che è il fondamento stesso dell'intera economia dei consumi globale - si pensi che bastano solo quindici super navi alimentate da petrolio combustibile pesante ad alto contenuto di zolfo per emettere tanto zolfo quanto tutte le auto del mondo e tanto gas serra quanto 760 milioni di automobili - porta la t-shirt di cotone in un negozio vicino a te.

L'ubiquità dei combustibili fossili è proprio il punto che ci allontana dalla metafora del corpo umano. Eliminarli gradualmente e sostituirli richiede ricerca, test, investimenti, calcoli... e coraggio. Invece di stabilire una nuova dieta – che ci porterebbe a ricombinare i soliti cibi – quando si parla di combustibili fossili si tratta di cercare “nuovo cibo”. E questo, ovviamente, ha conseguenze che si riversano sull’intera nostra società. L'umanità deve guardare ad alternative praticabili, per andare verso la cosiddetta transizione “low carbon”, cioè verso la progressiva eliminazione del carbonio dai sistemi umani. Questa è forse una delle narrazioni più potenti su cui si fonda l'attuale pensiero sul futuro delle economie, delle società e del pianeta, che richiede una modifica rapida e profonda degli atteggiamenti, comportamenti e valori collettivi e individuali; una modifica di norme, incentivi, policy nella quale i ruoli e le azioni di più attori sono centrali.

Per aumentare l'efficacia della transizione a basse emissioni di carbonio, i combustibili fossili e le relative infrastrutture devono essere gradualmente eliminati in un breve lasso di tempo. Ciò richiede un'azione innovativa, ambiziosa, in grado di rimodellare profondamente le nostre società, azioni che richiedono audacia, ma anche cura e attenzione. Tali azioni necessarie distribuiranno gli oneri e i benefici della transizione tra i popoli e le generazioni, cambieranno abitudini, pratiche e il modo in cui costruiamo la nostra vita personale e collettiva. Generalmente, quando pensiamo a queste azioni trasformative guardiamo principalmente alle piccole e grandi cose che compongono la nostra vita quotidiana; ma non possiamo dimenticare che una transizione low carbon è soprattutto un problema su larga scala, dove le grandi industrie non possono essere semplicemente paragonate a milioni di piccoli consumatori. La maggior parte dell'energia attualmente prodotta nel mondo, infatti, non viene utilizzata per movimentare automobili, riscaldare/raffreddare case, ma per alimentare industrie pesanti, come quella siderurgica.

Quali sono le alternative che tali industrie metteranno in campo per indebolire la loro – già eticamente ed ecologicamente – dipendenza dai combustibili fossili? In poche parole, è possibile per le industrie pesanti vivere di fonti energetiche non fossili?

Queste sono le domande cruciali che aziende, ricercatori, organizzazioni internazionali e governi nazionali stanno cercando di affrontare. La risposta, come detto sopra, parte dal riconoscimento che non si può continuare a fare allo stesso modo quanto fatto finora; questo riconoscimento, infatti, stimola soluzioni innovative, ma ancora controverse.
Per evidenziare gli elementi principali di questo dibattito è utile soffermarsi su una di queste proposte: quella relativa alla transizione low carbon dell'industria siderurgica austriaca. I lavori di ricerca suggeriscono che l'industria siderurgica è ancora la più grande fonte industriale al mondo di emissioni di anidride carbonica, principalmente a causa del carbone necessario per convertire il minerale in ferro fuso. Un rapporto della World Steel Association (WSA) mostra che negli ultimi decenni la produzione mondiale di acciaio grezzo è aumentata da 904 Mt nel 2002 a 1559 Mt nel 2012. Secondo l'International Energy Agency l'industria siderurgica è attualmente responsabile di circa il 7% del totale emissioni globali di CO2 e il 25% delle emissioni industriali globali, mentre la WSA stima che la domanda mondiale di acciaio aumenterà del 5,8% nel 2021 man mano che le economie si riprenderanno dalla pandemia di COVID-19.

L'acciaio è infatti un settore chiave dell'economia mondiale, che consuma molta energia e produce molte delle emissioni che hanno cambiato il nostro clima. Allo stesso tempo, l'industria siderurgica è cruciale per le nostre vite, essendo il suo prodotto componente indispensabile di infrastrutture, macchinari e innumerevoli altri beni.

Per sfuggire a questo dilemma un gruppo di scienziati sta progettando di far funzionare l'industria siderurgica austriaca interamente con energia pulita. Il progetto in corso Horizon 2020 H2Future ha recentemente lanciato il più grande impianto di produzione di idrogeno “verde” al mondo, ovvero prodotto esclusivamente attraverso fonti rinnovabili. L'idrogeno può avere varie funzioni come alimentare i motori a razzo a combustibile liquido e la maggior parte dei mezzi di trasporto. È generalmente accettato che, insieme all'elettricità, l'idrogeno costituirà un vettore energetico primario da cui dipenderanno veicoli, edifici, aerei. Il progetto H2Future ha invece l'obiettivo di generare idrogeno verde specificamente destinato all'industria siderurgica. L'impianto di idrogeno austriaco, situato nell'acciaieria Voestalpine a Linz, si basa su un sistema di elettrolisi a membrana elettrolitica polimerica (PEM) e può generare fino a 6 MW di potenza. I vantaggi dell'utilizzo di questo approccio includono bassi costi e bassa necessità di manutenzione, idrogeno di alta qualità prodotto con emissioni zero e nessun prodotto chimico aggiuntivo che potrebbe mettere in pericolo gli operatori del sistema.

In sintesi, la visione austriaca dimostra che rendere più verdi le grandi industrie, come quella siderurgica, è fattibile ed è un'opzione praticabile nel prossimo futuro. In effetti, questo è un esempio archetipico delle tanto necessarie azioni di ingegno e coraggio di cui l'umanità ha bisogno se vuole ridurre e/o evitare le più terribili conseguenze derivanti da secoli di comportamento sconsiderato.

 

 

Marco Grasso is Professor of Economic and Political Geography at the Università of Milan-Bicocca. His research interests include international environmental policy and climate change governance. He currently works on a project on the role of the fossil fuel industry in climate change and the decarbonisation of energy systems.