Parte 3 - La guida alpina: evoluzione di un mestiere

Pubblicato il 31/1/2023

Toni diventa guida nel 1946, coronando il sogno di trasformare la sua passione per la montagna in una professione. Scriverà all’amico Armando Biancardi: “Ora che faccio davvero la guida, devo sempre tener presente che questa è la mia professione e che dunque da essa devo tirar fuori ad ogni costo una cifra XY che mi permetterà di mandare avanti la famigliola per un altro anno, visto che non ho campi dai quali tirare su patate, appartamenti da affittare ai “signori”, boschi dai quali abbattere qualche pianta …”.

Se non è la primissima, è sicuramente una delle prime guide italiane di provenienza cittadina. Ricordiamo che la professione nasce tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento tra i valligiani che, esperti dei loro luoghi, iniziavano ad accompagnare i “turisti dell’epoca” sulle montagne. La prima società delle guide al mondo è quella di Chamonix (1821), la seconda è quella di Courmayeur (1850).

Nel secondo dopoguerra, con le prime guide cittadine, si accende il dibattito sulla opportunità o meno di questa apertura della professione. Nell’assemblea dei delegati del CAI (Club Alpino Italiano) di novembre 1947 (in quegli anni le guide sono inquadrate all’interno del CAI stesso), qualcuno arriva addirittura a proporre di escludere dalla professione di guida coloro che non sono nati e residenti in una valle alpina. Ed è un’altra tra le prime guide cittadine italiane, Gigi Panei (nato nel centro Italia, coscritto di Toni e anche lui basato a Courmayeur), a criticare questa proposta di esclusione su un articolo su “Lo Scarpone” (giornale del CAI) del 16 gennaio 1948 “Anche i cittadini nelle guide alpine”: Panei arriva addirittura a sostenere che le guide cittadine sono ormai diventate più forti delle guide valligiane.

Sull’argomento interviene anche Toni, con un articolo sempre su “Lo Scarpone” del 16 giugno 1948, dal titolo “Difendo le guide valligiane”. Toni difende le qualità e la forza delle guide valligiane, ma concorda con Panei sulla possibilità di avere guide cittadine.

Nelle sue parole emerge in maniera chiara la sua visione della professione. “Giungo ad ammettere (per quanto non condivida questo punti di vista) che una guida cittadina possa avere il suo bravo permesso di esercitare anche senza dovere essere obbligata a risiedere in montagna… [ma] dovrebbe venir messa come condizione indispensabile – nei nostri regolamenti – che il cittadino che voglia divenir guida deve impegnarsi a “fare veramente la guida”, a esercitare insomma la professione perché far la guida è un servizio pubblico e come tale deve essere riguardato ed esercitato. […] L’aspirazione di un cittadino che voglia diventare guida non deve essere – a mio modesto parere – quella di piantarsi la patacca sulla giubba a vento, bensì quella di abbracciare ed esercitare una professione che ai suoi occhi si è a tal punto spiritualizzata da venir riguardata come una vera e propria missione, quella cioè di far giungere i propri simili là dove la loro tecnica non li avrebbe portati, ma cui d’altro canto tendono tutte le aspirazioni del loro sentire. […] Insomma, sì, anche i cittadini nelle guide alpine, ma solo quando essi si ripromettano di fare veramente le guide, di svolgere l’attività delle guide in tutti i suoi lati meravigliosi e pericolosi, terribili ed altamente poetici. […] Solo se noi guide cittadine eserciteremo davvero la professione, solo allora potremo comprendere i nostri colleghi valligiani, dai quali troppo spesso ci allontanano la nostra ignoranza e la nostra incomprensione.” Toni mantiene infatti per tutta la vita un profondo rispetto per i montanari, per la loro cultura e tradizione.

La passione per la montagna è comunque centrale nel suo approccio alla professione. Ricorda Mario Senoner, uno dei suoi principali collaboratori: “Toni ci diceva sempre che non dobbiamo essere i taxisti della montagna, ma dobbiamo trasmettere la passione ai clienti!”. In un’intervista alla Rai del luglio 1963, Toni spiega le doti di una buona guida: “Deve avere della passione, perché senza passione uno non fa la guida. In secondo luogo deve avere la coscienza della sua professione, cioè la coscienza di capire che il cliente si affida a lui e affida a lui la sua vita. In terzo luogo deve avere una capacità tecnica, diciamo una maturità tecnica tale da affrontare qualunque difficoltà della montagna e specialmente la montagna in qualunque condizione”.

Proprio questa passione e questa coscienza portano Toni a sentire sempre su di sé la responsabilità del cliente o del gruppo, e sa che tocca a lui indicare la strada. Scriverà l’amico Giorgio Bocca in un articolo su “Il Giorno” del 20 marzo 1970 (due giorni dopo la morte di Toni): “… [lui era] in testa a battere la  pista, anche se dietro c’era un giovane alpinista di valore: se [il cliente] si era affidato a lui, toccava a lui aprire la strada”.

Con questo approccio e questa visione, Toni concentra e specializza la sua attività di guida alpina su itinerari di alto livello, come la cresta sud della Aiguille Noire du Peuterey, la Cresta des Hirondelles alle Grandes Jorasses, la via Major e Innominata al Monte Bianco. “Il genere di salite che preferisco? Quelle a gran respiro. Sono venuto e sono rimasto in Valle d’Aosta, nelle occidentali, proprio per questo (Romilda a parte!).” scrive in una lettera all’amico Armando Biancardi.

Fondendo in maniera creativa la sua mentalità cittadina con la cultura montanara, Toni diventa un innovatore. Spiega Enrico Camanni, giornalista, scrittore e storico dell’alpinismo: “Toni Gobbi ha rinnovato totalmente il mestiere della guida alpina. Non credo che lo avesse in testa quando ha cominciato, ma indubbiamente aveva le caratteristiche, le capacità, l’intelligenza e anche la storia personale tale da poterlo fare. […] Portava una cultura che non era quella del montanaro, ma era quella di uno nato a Pavia, cresciuto a Vicenza, che ha studiato all’università, che ha visto tante cose prima di fare quel mestiere lì, e ha visto anche tanti altri ambienti, compresi quelli delle Dolomiti.”

Innanzitutto, Toni porta un approccio imprenditoriale al lavoro: il cliente va cercato, non atteso passivamente, e va poi sviluppato nel tempo. Non solo accompagnamento: deve essere la guida a proporre esperienze nuove. L’approccio è dirompente in un mondo alpino in cui la maggioranza delle guide si limita ad aspettare che un cliente si presenti in ufficio. Ruggero Pellin, guida alpina già presidente della Società delle Guide di Courmayeur e cugino di Romilda, ricorda gli insegnamenti di Toni al corso guida: “Andate a cercarlo il cliente, non aspettate che sia lui a proporvi, siete voi che dovete proporgli. E siate imprenditori di voi stessi!”

Questa mentalità imprenditoriale Toni la applica alla sua grande intuizione che è quella di cercare di allargare il lavoro della guida, puntando a tutte le stagioni. A quell’epoca la guida alpina è un lavoro prettamente estivo che dura circa due mesi all’anno, concentrato sulle salite alpinistiche. L’arrampicata sportiva e la scalata su ghiaccio non esistevano ancora, mentre lo sci, per le guide alpine, è molto limitato. Infatti nel Regolamento della Società delle Guide di Courmayeur di quegli anni si legge, all’art 26: “L’ufficio guide sarà aperto dal 10 di luglio al 30 di settembre.” Tutte le guide svolgono altri lavori per i restanti 10 mesi dell’anno. Toni fiuta l’opportunità di allargamento nello sci-alpinismo, un’attività primaverile che può coprire i tre mesi che vanno da marzo a giugno e che può prolungare la capacità lavorativa fino ad una età più avanzata.

Spiega Giorgio Daidola, giornalista, scrittore e storico appassionato di sci: “Lo sci arriva nelle Alpi a fine Ottocento – primi del Novecento dal nord Europa. Non esistevano ancora gli impianti, lo sci era un mezzo per fare alpinismo di inverno, quindi sci-alpinismo! Solo negli anni ’30, con i primi impianti meccanizzati, si sviluppa lo sci di pista che diventerà poi fenomeno di massa. Lo sci-alpinismo rimane allora una nicchia, molto concentrata sull’aspetto alpinismo, quindi sulla salita, e poco sulla discesa. I praticanti sono più “alpinisti” che “sciatori”. Nel dopoguerra, Toni Gobbi capisce il peso che può avere nello sci-alpinismo il piacere ludico della discesa unito all’aspetto alpinistico invernale in modo professionale, e capisce la portata dello sci di traversata, che unisce più località.”

Toni non è l’inventore dello sci alpinismo, ma è probabilmente il padre dello sci-alpinismo professionistico e dello sci alpinismo italiano in generale, nonché un grande sviluppatore di itinerari e di programmi mai visti prima. In quegli anni, per diventare guida non è richiesto un livello alto nello sci (i corsi saranno potenziati sotto questo aspetto solo negli anni ’70), e poche sono le guide che propongono itinerari sci-alpinistici, per lo più in giornata.

Dobbiamo notare che nella visione di Toni lo sci-alpinismo è “di alta montagna” e prevede certo l’uso degli sci ma anche delle piccozze e dei ramponi. Ha come normale campo d’azione la montagna al di sopra dei 3000 metri e quale scopo la realizzazione di traversate d’alta quota e la conquista di vette. Inizia con la metà di marzo, prima i pendii sono toppo pericolosi, ed è un’attività completa. Scrive infatti: “è vero sciatore alpinista colui che trova il piacere della salita, la gioia della vetta, la soddisfazione della discesa. […] Noi vogliamo che colui il quale fa dello sci alpinismo lo faccia in completezza, in tutte le tre parti”.

Nel 1951 inizia a proporre ai clienti la Haute Route Chamonix-Zermatt (percorso sviluppato dai francesi e dagli svizzeri nella prima parte del ‘900), con l’estensione della partenza da Courmayeur e l’arrivo a Cervinia, e prende così corpo in lui l’idea di creare altri itinerari sci-alpinistici di più giorni, vere e proprie traversate ad esplorare zone e massicci interi. Nascono così le “Settimane Sci Alpinistiche di Alta Montagna”, con il patrocinio della Commissione Centrale del CAI per lo sci alpinismo e, a partire dal 1961, anche della Commissione per lo Sci Alpinismo della FISI. A partire dal 1954 viene proposta anche la “Settimana della  Britannia” (che tocca 4 quattromila nelle alpi svizzere e prende il nome da uno dei rifugi toccati) e dal 1955 anche la settimana dell’Oberland bernese. Negli anni successivi i programmi si arricchiranno con altri 16 itinerari in tutto l’arco alpino, tutti studiati con cura e attenzione da Toni, tutti di grande interesse per i territori esplorati e comunque con dislivelli di salita tra i quattromila ed i settemila metri a settimana.

Con l’eccezione del 1958 (anno in cui partecipa alla spedizione al Gasherbrum IV), le Settimane continueranno ininterrottamente fino al 1970, anno della sua morte, occupando Toni per i 3 mesi della primavera, periodo in cui arriva a casa il sabato e riparte la domenica: non si perde neanche una delle “sue” Settimane, perché il capo deve guidare sempre da davanti, come suole dire. 

Dal 1951 alla sua morte nel 1970 Toni realizza più di cento settimane, e sono 314 i clienti che ne completano almeno una. 148 (cioè quasi la metà del totale) ne completano almeno due, e tra questi 148, 49 ne completano almeno 5. Nel solo 1966, partecipano ben 94 clienti! Per capire l’ampiezza del fenomeno si può leggere l’albo d’oro dei partecipanti: si tratta di clienti cittadini, spesso professionisti o imprenditori, amanti della montagna ma non necessariamente alpinisti o scalatori, molti anche stranieri. 

Con questa offerta Toni riesce infatti ad allargare in modo significativo la base della clientela. Spiega Giacomo Bozzi, figlio di Irene che è stata una delle principali clienti delle Settimane: “Quello che ancora mi colpisce su quell’approccio è la capacità di portare delle persone, degli alpinisti cittadini normali a risultati estremamente importanti.” E così dice Giorgio Daidola: “Toni Gobbi è stato un grande formatore, che ha sviluppato le capacità dei suoi sciatori-alpinisti arrivando a creare una clientela altamente fidelizzata.” Leonardo Lenti è stato un giovane cliente di Toni alla fine degli anni ‘60: “Aveva veramente la capacità di riunificare questi gruppi di persone estremamente eterogenee tra loro, e anche in qualche modo di cementarli. […] C’erano persone di livelli culturali e di personalità profondamente diverse, che lui riusciva con questo suo essere “il capo”, indiscutibilmente tale, ad amalgamare. Alla fine erano tutti contenti, contentissimi, era veramente una gioia. E quando tutto era andato bene lui si rilassava, e diventava non più il grande capo, ma il compagno di tutti.”

Come riesce ad ottenere questi risultati? Nelle parole di Umberto Caprara, notaio di Vicenza, cliente ed amico di Toni: “Le settimane sono frutto di entusiasmo e di organizzazione, di tenacia e di programmazione, di abnegazione e di studio: doti che possono coesistere in un uomo eccezionale quale Toni, in cui cultura e capacità alpinistica, spirito di sacrificio, volontà e doti organizzative si univano nella vocazione quasi missionaria di guidare il maggior numero di alpinisti a godere dei meravigliosi segreti dell’alta montagna invernale.”

È infatti l’organizzazione la base di tutto ed è area in cui Toni eccelle. Pensa a tutto e pianifica tutto, dall’itinerario agli orari, dalla logistica all’attrezzatura e all’alimentazione. Il tutto viene portato avanti con regole ferree rigidamente applicate, a cui tutti devono attenersi per la buona riuscita della Settimana. Ancora Lenti: “Era una persona estremamente rigida, dura, severa, attenta, che controllava tutto e che palesemente sapeva tutto di quello che gli stava succedendo intorno. Sgridava moltissimo le persone che non si comportavano esattamente come voleva lui. […] Trasudava forza, fermezza, decisione, e nello stesso tempo una attenzione estrema a chi gli stava intorno, alle persone la cui vita e salute gli era affidata. Si sentiva responsabile per tutto e di tutto e quindi ovviamente cercava di controllare tutto.” Nelle parole di Renato Petigax (uno dei suoi principali collaboratori): “L’organizzazione era perfetta. Faceva addirittura l’elenco di cosa dovevano portare i clienti nello zaino, e spesso prima di partire controllava e faceva lasciare giù il peso inutile.”

Giorgio Peretti è stato cliente di Toni negli anni ’60 prima di diventare a sua volta guida alpina. Ricorda bene le  Settimane: “Toni andava sempre con passo lento e regolare, partendo sempre dal rifugio 2-3 ore prima delle altre guide (che spesso quasi lo prendevano in giro) per fare in modo che il gruppo arrivasse in cima in condizioni ideali per la discesa. Con questo sistema, a differenza di altre guide, il suo gruppo lo portava sempre alla fine, salvo rarissime eccezioni.”

Per la salita poi, in ogni situazione e con qualunque cliente la regola è chiara: si sale 50 minuti, ci si riposa 10. E La traccia è sempre quella del capo, come ricorda Lenti: “La traccia sia in salita sia in discesa era un compito rigorosamente suo, e tutti dovevano seguirla senza indugio sia in salita sia in discesa. Questo sia per questioni di sicurezza, sia per non turbare l’estetica del pendio vergine. Quando si arrivava in fondo riguardava il pendio su cui si era sciato, guardava la traccia ed era palesemente soddisfatto della bella traccia, ben fatta.”

Le Settimane sono quindi una formula di grande successo di cui tutti sono molto contenti, e che lascerà nei partecipanti dei ricordi indelebili. Così è per la Sig.ra Bozzi, ad esempio, ricordata nelle parole del figlio Giacomo: “Mia madre raccontava di questi momenti bellissimi in mezzo a montagne meravigliose, e poi tutta la dimensione umana legata al grande leader di queste Settimane e alle persone che gli erano vicine … quindi le guide, i Senoner, i Petigax, che erano comunque tutti personaggi di valore e di peso, ed anche agli altri partecipanti.”

Lo spirito si capisce anche dalle parole di Toni in un opuscolo informativo, in cui viene spiegato quanti sono i partecipanti: “Le iscrizioni ad ogni Settimana sono limitate ad un massimo di 12 partecipanti. Ciò, oltre che per comprensibili ragioni di sicurezza, anche per mantenere ad ogni turno quel carattere di quiete, di signorilità, di facilità di alloggio e di vettovagliamento, di completa fraternità tra i partecipanti che è stato sempre una delle caratteristiche più gradite delle Settimane ed uno dei segreti del loro successo.”

Questo movimento non ha eguali all’epoca, come ricorda Mario Senoner: “Altre guide all’estero lavoravano con lo sci alpinismo, ma nessuno in Europa aveva un programma così completo e vasto, che toccava così tanti clienti e con così tante proposte.”

Il mondo delle Settimane porta molti elementi di grande innovazione nella professione di guida. Oltre alla già citata estensione del lavoro nel corso dell’anno, sicuramente anche la proposta di programmi completi (non solo singole gite/giornate) ma soprattutto il lavoro fuori piazza, in un mondo in cui le guide erano principalmente “esperti del luogo” e nella quasi totalità dei casi limitavano la loro azione sui terreni di casa. Toni porta i clienti su tutto l’arco alpino, e, con grande visione, addirittura fuori dalle Alpi o dall’Europa. Spiega Giorgio Daidola: “il viaggio con gli sci è la logica evoluzione delle Settimane e sarà di grande influenza per chi verrà dopo.” Il programma delle Settimane del 1966 si arricchisce infatti con la proposta della “Bisettimana sci-alpinistica nel Caucaso”, dal 23 giugno al 7 luglio. È riservata a sciatori-alpinisti che abbiano realizzato almeno due settimane e ha come obiettivo, in piena guerra fredda, la salita sci-alpinistica dell’Elbrus (5633m), nel territorio dell’Unione Sovietica. I posti disponi bili sono 12 ma alla fine i partecipanti saranno 13, accompagnati dalle guide Toni, Renato Petigax e Giorgio Colli. Dopo un acclimatamento sul monte Cheget-Tau-Tchana (4109m), il 1° luglio arrivano tutti e sedici (3 guide più tredici clienti) in vetta all’Elbrus! Scrive Toni in un articolo sulla spedizione: “L’Elbrus era già stato salito e disceso con gli sci prima di noi, crediamo però di essere stati il primo gruppo sci-alpinistico ad averlo salito in numero così rilevante e crediamo altresì che sia la prima volta che delle donne possano inorgoglirsi di averne realizzata la ascensione sci-alpinistica.” Durante il viaggio di ritorno, per non dimenticare gli aspetti culturali, gli ultimi due giorni sono dedicati alla visita di Mosca!

Nel 1967 l’organizzazione si spinge ancora oltre e propone la “Trisettimana sci-alpinistica in Groenlandia”, dal 15 giugno al 5 luglio, con meta le Alpi Di Stauning, che offrono (come si legge nel programma) “un grandioso complesso di traversate e di ascensioni senz’altro remunerative per lo sci-alpinismo.” Sono 9 i posti disponibili per sciatori-alpinisti che abbiano completato almeno due settimane, tutti prenotati. È una grande esperienza per tutti, in un contesto logisticamente non facile ma di grande fascino. Il gruppo porta a termine diverse salite tra cui due prime ascensioni sci-alpinistiche, una prima ascensione assoluta e due prime traversate. Nella relazione finale, Toni scrive che “anche la Groenlandia possiede montagne di notevolissimo interesse sci-alpinistico e di grande soddisfazione tecnica per sciatori-alpinisti completi.”

Nel 1969 viene proposta la “Seconda spedizione sci-alpinistica italiana in Groenlandia”, dal 15 giugno al 8 luglio. Sono 7 i clienti che partecipano. Tra di loro, Leonardo Lenti che ha solo 24 anni e ancora la ricorda come “una delle grandi esperienze della mia vita.”

Il programma del 1970 prevede addirittura la “Decade sci-alpinistica al Damavand (5770m)”, in Iran, ma purtroppo non sarà realizzata a causa della morte di Toni, avvenuta il 18 marzo.

Con gli occhi di oggi, non possiamo non notare anche un approccio al “marketing” molto innovativo ed assolutamente di avanguardia. Innanzitutto, Toni ha una segretaria a tempo pieno per il suo lavoro di guida (non convolta nel negozio o nella libreria). Lo aiuta nell’organizzazione del lavoro, nella gestione dei clienti e nelle Settimane. Per queste ultime poi, realizza ogni anno un opuscolo molto completo di una quindicina di pagine per la presentazione dell’offerta. Contiene il programma dettagliato di ogni settimana, tutte le informazioni sull’iscrizione e sui costi, nonché tante informazioni in un formato che oggi chiameremmo “FAQ” (es. Quali sono le caratteristiche delle settimane? Come bisogna saper sciare? Come sono i rifugi? Chi provvederà al vitto?). In ottica di promozione e fidelizzazione è sempre presente anche il libro d’oro, con l’elenco completo dei partecipanti dall’inizio del progetto. Molto interessante anche una prima segmentazione della clientela (qui i dati dell’opuscolo del 1970): “il 20% è rappresentato da giovani tra i 18 ed i 25 anni, il 60% da persone tra i 26 ed i 49 anni, il 20% da appassionati tra i 50 ed i 65 anni […] il 18% è rappresentato da sciatrici alpiniste, il 75% vanta precedente attività sci alpinistica, il 25% proviene invece dallo sci di pista ed è perciò alla sua prima esperienza sci alpinistica di polso.”

Ogni cliente è seguito personalmente e a tutti Toni scrive lettere personalizzate per indirizzare sulle varie proposte e programmi, in ottica di sviluppo delle capacità e delle difficoltà. Lavora poi anche sulla fidelizzazione! Già nel 1957 l’organizzazione assegna il distintivo delle Settimane ai partecipanti che portano a termine il programma. Negli anni successivi il distintivo diventa una spilla, con degli appositi buchini per appuntare il bollino di ogni settimana completata.

È anche interessante analizzare i costi delle Settimane, per scoprire sono confrontabili a quelli delle grandi salite alpinistiche, ma a fronte di una attività che dura una settimana intera e che ha un rapporto di 4-5 clienti per guida.

Prendiamo come esempio il 1961: il prezzo della Haute Route Courmayeur-Chamonix-Zermatt-Breuil è di 27.500 lire (la quota comprende l’organizzazione, le guide e le loro spese) a cui vanno aggiunte altre 17.500 lire per i pasti, rifugi, trasporti, per un totale di 45.000 lire. La Settimana dell’Oberland costa 30.500 lire, che diventano 50.000 contando tutto. È utile confrontare questi costi con alcune salite offerte dalle guide valdostane: il Dente del Gigante (via normale) costa 16.000 lire, il Monte Bianco (dal Rifugio Gonella) 32.000 lire mentre il Cervino (Cresta del Leone) 38.000 lire. Dal 1963 viene introdotto uno sconto del 15% per i giovani sotto i 25 anni. Se guardiamo invece il 1968, troviamo la Haute Route a 45.500 lire, a fronte di un Dente a 30.000 lire, un Monte Bianco a 55.000 lire ed un Cervino a 50.000 lire. Notiamo che dal 1969 la quota delle Settimane comprende anche una assicurazione infortuni ed RC per i partecipanti.

Oltre che sulla pratica, Toni lavora anche sulla teoria e sulla formazione.

Nel 1964, su sua iniziativa ed insistenza, il CAI istituisce la qualifica di “Guida-Sciatore”: la possono ottenere le guide che sono già anche maestri di sci oppure le guide che frequentano un apposito corso (il primo è proprio a Courmayeur dal 3 al 10 aprile 1964). Il distintivo Guida-Sciatore numero 1 è proprio quello di Toni, e sarà lui a dirigere tutti i corsi. Ricordiamo che in quegli anni lo sci è ben poco presente nella formazione delle guide! La Guida-Sciatore è così autorizzata a organizzare corsi di tecnica sci alpinistica e attività/programmi sci-alpinistici.

Il mondo delle Settimane viene anche consolidato anche grazie ai convegni dei partecipanti. Il primo è a dicembre del 1955, a Courmayeur, per “riandare ai momenti più belli della nostra comune attività improntata alla più vera e più severa forma di sci alpinismo, e far progetti su quella futura” come si legge nell’invito. Il secondo convegno è nel 1956, poi nel 1958, poi nel 1960 e infine nel 1965, il 9 e 10 ottobre. “Era ora però che ci si ritrovasse tutti assieme: siamo ormai non solo una forza dello sci-alpinismo d’alta montagna, ma rappresentiamo anche una scuola, un metodo, un sistema, una tendenza che può e che deve dire qualcosa nel campo della nostra attività preferita” si legge sull’invito. Obiettivo del convegno è la formulazione di un Decalogo dello sciatore-alpinista di alta montagna in cui vengono ben delineati tutti i principi dell’attività.

Nel 1967 viene incaricato dalla Fabbri Editori di curare la parte relativa allo sci alpinismo ne L’Enciclopedia dello Sciatore, contribuendo a far conoscere la disciplina al grande pubblico.

A partire dal 1967, nell’ambito delle Settimane, crea la “Scuola nazionale di sci-alpinismo d’alta montagna” per preparare al meglio i clienti. La scuola opera nel mese di marzo (periodo di inizio delle Settimane) e offre anche, in estate, dei “Corsi di tecnica del ghiaccio, del misto e del soccorso alpino.”

Toni è anche un grande divulgatore della sua attività di guida e alpinista, tiene numerose conferenze lungo tutta la sua carriera. Quando non è in montagna, è spesso indaffarato nel suo studio a preparare conferenze, oltre che a studiare itinerari nuovi. Gli argomenti sono vari e ne sviluppa sempre di nuovi a seconda dei momenti e delle situazioni.

Inizia presto, come testimoniato da una lettera al cognato Franco Pozzani (marito di sua sorella Rita) del 20 aprile 1951, per l’organizzazione di una conferenza presso il CAI di Thiene. Scrive così Toni: “La conferenza si intitola L’Alpinismo Occidentale visto da un dolomitista e dura circa 50 minuti illustrata da diapositive in bianco e nero e a colori. In tale conferenza rendo note le differenze sostanziali che vi sono tra l’alpinismo nelle dolomiti e nelle montagne occidentali. È una conferenza che ho tenuto con successo ormai almeno in 50 sezioni del CAI.”

Con lo sviluppo della sua carriera, l’attività di conferenziere si estende anche all’estero. A gennaio del 1962 viene invitato dall’Alpine Club inglese (di cui farà parte a partire dal 1965). Il 23 gennaio a Londra ed il 26 a Liverpool tiene una conferenza dal titolo “Un alpinista diventato guida” in cui racconta la sua storia personale, centrata sulla passione per la montagna.

Toni è anche uno dei primi, se non il primo, alpinista e guida a creare dei prodotti specifici per la sua attività. Nel listino della sua “Bottega dell’alpinista e dello sciatore di Courmayeur” si trova infatti già nel 1954 una sezione “Equipaggiamento alpinistico serie Guida”, in cui scrive: “Ho elencato in questa Sezione tutti gli articoli ed attrezzi alpinistici le cui caratteristiche tecniche e la cui confezione sono state da me personalmente studiate e dirette in collaborazione con alcune delle migliori Case Italiane specializzate nel ramo dell’equipaggiamento alpinistico. Sono articoli che prima di porre in vendita e di consigliare ho sperimentato e fatto sperimentare per più anni, cosicché essi possano dare le più ampie garanzie di razionalità, di resistenza e – quel che più conta – di perfetta rispondenza alle esigenze della moderna tecnica alpinistica, sia dolomitica che occidentale. Tutti gli articoli modello Guida (nome depositato) sono originali solo se accompagnati dal cartellino di autenticazione recante la firma autografa ed il numero progressivo di matricola.”

Troviamo molti prodotti “modello Guida” tra sui lo scarpone d’alta montagna e da arrampicata, la scarpa per sci alpinismo (in collaborazione con Dolomite), la corda di canapa italiana per alpinismo, la giubba a vento per alpinismo e sci alpinismo (con Merlet), il duvet, i pantaloni, la camicia, il maglione da montagna, i guanti, … fino alla tenda da bivacco.

Toni non è solo una grande guida molto attiva, ma contribuisce anche in maniera determinante alla crescita della professione e alla rappresentanza della stessa.

Innanzitutto, si adopera sempre perché le guide siano correttamente retribuite. Ricorda Senoner: “Toni si batteva per le tariffe, diceva che le guide devono avere tariffe adeguate.” Critica inoltre in maniera dura i clienti che provano a pagare meno del dovuto. Si sfoga così in una lettera all’amico Armando Biancardi: “.. la vigliaccheria più grande, vedi Armando, è che quei porci non lo fanno con me, ma lo fanno con quelle tra le guide che sono le meno istruite. Se ne approfittano, quei luridoni, loro che hanno studiato e sono cresciuti nella civiltà cittadina, dell’ignoranza e della difficoltà di parola di quei poveri cristi.”

Nel 1946, diventato guida, entra nella Società delle Guide di Courmayeur, e fa subito parte della Presidenza. Non accetterà mai però di diventare presidente della società, nonostante numerose richieste, per non turbare i delicati equilibri del paese e le sue ottime relazioni con i locali.

Si muove però subito a livello più alto: nel 1947 entra nella Presidenza del Comitato Valdostano Guide (oggi UVGAM), dove collabora con il Sen. Chabod (allora presidente del Comitato) per la stesura della legge regionale 28-9-51 n2 riguardante l’ordinamento delle guide ed i portatori in Valle d’Aosta.

Dal 1951 entra nel corpo insegnante dei Corsi Guide e Portatori della Valle d’Aosta, di cui è Direttore Tecnico nella seconda metà degli anni ’50.

Nel 1957 viene nominato Presidente del Comitato Valdostano Guide, posizione che copre fino al 1966. In questo ruolo, per il centenario della prima salita del Monte Bianco delle Guide di Courmayeur, nell’estate del 1963  organizza e coordina la prima salita di una troupe della RAI in cima al Monte Bianco. Lì viene intervistato e il servizio va in onda nel telegiornale del 13 agosto.

Dal 1965 è Presidente Nazionale del Consorzio Guide e Portatori del CAI.

In questo ambito, la sua più grande intuizione è però la creazione di un organismo internazionale che raggruppi le guide di tutti i paesi: la UIAGM (Unione Internazionale Associazioni Guide di Montagna). Leggiamo nei documenti storici della associazione: “l’idea di unire tutte le guide del mondo in un’unica famiglia viene probabilmente da una idea del nostro indimenticabile Dr. Toni Gobbi e di Bernhard Biner da Zermatt, che si erano incontrati in occasione del centenario della Società Guide di Courmayeur nel 1950.” Nella prima parte degli anni ’60 gli incontri tra i diversi soggetti sostenitori dell’idea (con Toni in prima linea) si intensificano fino al 1965, in cui si incontrano in occasione della festa delle guide di Zermatt (centenario della prima salita del Cervino) e trovano le condizioni per procedere. La fondazione della federazione avviene Il 15 ottobre del 1965 stesso, con la partecipazione di Italia, Francia, Austria e Svizzera. Roger Frison Roche (guida e scrittore di Chamonix) ne diventa presidente e lo svizzero Xavier Kalt segretario-tesoriere. Grazie al contributo di Toni, la Valle d’Aosta (come UVGAM) ha ancora oggi una sua propria rappresentanza nella UIAGM, in aggiunta a quella dell’Italia. Mario Senoner ricorda ancora di averne parlato spesso con Toni: “Nei primi anni ’60 Toni mi raccontava della possibilità di riunire tutte le guide sotto un’unica insegna, tutti con lo stesso distintivo senza più differenze tra i paesi … dai che forse ce la facciamo – mi diceva!” E così è stato: oggi la UIAGM raggruppa 22 paesi e oltre 6000 guide in tutto il mondo.

Conclude Enrico Camanni: “Tutto questo fa di Toni Gobbi una guida nuova, moderna. È stato un personaggio carismatico che ha anche saputo raccontare il mestiere e farcelo amare, desiderare. Con il suo esempio ha detto in modo chiaro ‘Io lo faccio così ed è un bellissimo mestiere.’”

Foto: archivio Grivel, famiglia Gobbi, Leonardo Lenti, Giorgio Peretti

Oliviero Gobbi. Dopo una laurea in fisica ed un master in management, ha lavorato alcuni anni come consulente strategico in grandi multinazionali per poi entrare in Grivel, azienda di famiglia, di cui è oggi titolare e AD. Ama tutte le discipline della montagna, dall’alpinismo al ghiaccio, dalla roccia allo sci alpinismo, che pratica come e quando può. Il suo prodotto Grivel preferito è quello ancora da inventare.

Vai a Parte 4 - La morte

Torna a La storia di Toni Gobbi: da cittadino a guida alpina

Torna a  Parte 1 - L’uomo: dalla città alla montagna

Torna a Parte 2 - L'alpinista: dalle alpi al mondo