Parte 4 - La morte

Pubblicato il 17/3/2023

La fine degli anni ’60 chiude un periodo di grande cambiamento e trasformazione della società. In Italia il boom economico ha portato un forte miglioramento dello stile di vita, per poi arrivare alla contestazione del sessantotto, fino all’attentato di Piazza Fontana a Milano, 12 dicembre del 1969, che provoca 17 morti e 88 feriti e segna l’inizio degli anni di piombo. Gli americani sono riusciti a sbarcare sulla luna il 21 luglio 1969, ma la guerra del Vietnam impegna risorse e provoca molto malcontento. Siamo in piena Guerra Fredda.

(4.1 Guerra in Vietnam, sbarco sulla luna e Piazza Fontana)

All’inizio del 1970, Toni ha 55 anni ed è nel pieno della sua maturità professionale. Non è più un alpinista di punta, ma rimane membro del GHM francese e dell’Alpine Club inglese. Il suo negozio di articoli sportivi di Courmayeur è un punto di riferimento in tutte le Alpi, sia per i prodotti che vende sia per la disponibilità di Toni stesso a consigliare, ascoltare e discutere con gli alpinisti di passaggio. La sua attività di guida è intensa e continua, sempre svolta all’insegna della prudenza e con grande attenzione alla sicurezza: in ormai 24 anni di attività, mai un incidente grave.

Le sue principali creature, le “Settimane Sci-Alpinistiche di Alta Montagna” sono diventate un riferimento internazionale nell’ambiente e in stagione danno lavoro, oltre che a Toni, a 4 guide e diversi portatori. Nella primavera-estate del 1969, hanno coinvolto sui vari itinerari 66 clienti, 7 dei quali hanno partecipato alla seconda spedizione sci-alpinistica italiana in Groenlandia (15 giugno – 8 luglio 1969). La sua “Scuola Nazionale di Sci-Alpinismo d’Alta Montagna” si avvia al quarto anno di attività, con i “corsi di introduzione allo sci-alpinismo” e i “corsi di perfezionamento della tecnica di discesa fuori pista” che iniziano il 22 febbraio 1970 a Courmayeur. Il programma delle Settimane per il 1970 propone 8 settimane (dalla classica Haute Route, alle Dolomiti, al Delfinato, alla Maurienne) e anche, dal 1° maggio al 9 maggio, la quarta spedizione extra-europea, la “Decade sci-alpinistica al Damavand (5770m) in Iran”.

(4.2 Toni Gobbi e clienti, Settimana del Grand Combin 1962, Foto archivio fam. Gobbi/Grivel)

Continua anche la sua attività di conferenziere e relatore. All’inizio della stagione, la sera del venerdì 13 marzo, nell’ambito del quarto corso di sci alpinismo e fuori pista organizzato dal CAI di Bolzano, Toni tiene la terza lezione teorica con una conferenza dal titolo “Moderni orientamenti dello sci alpinismo”. Dalla stampa locale Toni è presentato come il massimo esponente dello sci alpinismo in Italia.

Domenica 15 marzo 1970 inizia la prima Settimana proposta dal programma, la Haute Route dei Monti Pallidi, alla sua terza edizione, con ritrovo al Passo di Costalunga in val di Fassa nelle Dolomiti. Partecipano 10 clienti accompagnati da Toni, Mario Senoner (dalla Val Gardena), Remo Passera (da Gressoney) e dal portatore Mirko Minuzzo (da Cervinia).

Dopo i primi due giorni di sci, la notte del 17 marzo il gruppo dorme all’hotel Kristiania di Santa Cristina in Val Gardena. L’obiettivo di mercoledì 18 marzo è la salita al Sassopiatto (2955m) con la successiva discesa in Val di Fassa.

(4.3 Il Sassopiatto, a destra, ed il Sassolungo, Foto Archivio Grivel)

Il gruppo parte alle 5,30 del mattino e verso le 10 arriva al Giogo di Fassa, che a quota 2300m circa segna il confine tra l’Alpe di Siusi e la Val di Fassa. Lì iniziano la salita vera e propria alla montagna. Salgono con gli sci fino a tre quarti del pendio, poi tolgono gli sci per proseguire a piedi e si legano in tre cordate. La prima cordata è guidata da Toni e comprende Camilla (detta Cicci) Turati (milanese di 45 anni, la cliente più affezionata con 22 Settimane e 2 spedizioni in 16 anni), Raffaele Polin (milanese di 47 anni, alla sua seconda settimana) Antonio Moneta (milanese di 48 anni, alla sua terza), Mario Belli (21 anni da Varese, alla sua prima Settimana) ed è chiusa dal portatore Mirko Minuzzo. La seconda cordata è guidata da Mario Senoner con tre clienti, chiude la cordata di Remo Passera con altri tre clienti.

(4.4 Salita sul pendio finale del Sassopiatto il 18/3/1970, Foto Mario Belli)

Toni raggiunge l’ultima cima della sua vita verso l’ora di pranzo. Il gruppo rimane sulla vetta per mezz’ora circa, e come ricorda Mario Senoner “abbiamo mangiato, bevuto e fatto lezione di geografia per spiegare ai clienti le montagne circostanti.”

(4.5 Cima del Sassopiatto il 18/3/1970, Foto Mario Belli)

(4.6 Toni Gobbi e Mario Senoner in cima al Sassopiatto, ore 13 circa del 18/3/1970, ultima foto di Toni Gobbi in vita, Foto archivio fam. Gobbi/Grivel)

Verso le 13:30 iniziano la discesa, a piedi, ripercorrendo la traccia di salita. In testa la cordata di Toni, poi quella di Senoner e in coda quella di Passera. Mario ricorda molto bene quel momento: “ne ho viste tante ma quello mi ha lasciato il segno, lo ho ancora davanti agli occhi ... Io ero un po’ dietro la cordata di Toni e ad un certo punto li ho visti scivolare lungo il pendio, insieme ad un pochino di neve. Non li ho visti partire, … scivolavano piano e pensavo che si sarebbero fermati, ma si davano degli strappi l’un l’altro e si acceleravano a vicenda.” Toni prova in tutti i modi a fermare la scivolata spezzando addirittura il manico della piccozza, ma non c’è nulla da fare: la cordata scivola per 300 metri circa poi precipita oltre un salto di roccia scomparendo dalla vista.

(4.7 La piccozza usata da Toni Gobbi il 18/3/1970, Foto archivio fam. Gobbi/Grivel)

Mario e Remo tranquillizzano i loro clienti e ritornano al punto in cui avevano tolto gli sci. Lì Remo rimane con il gruppo e Mario si precipita a cercare la cordata di Toni. Li trova un centinaio di metri sotto: “Non auguro a nessuno di vedere una cosa del genere!” Nessuno è coperto dalla neve ma gli urti contro le rocce sono fatali per Toni, Cicci Turati, Raffaele Polin e Antonio Moneta, che giacciono sulla neve ormai senza vita. Sono invece miracolosamente ancora vivi seppur gravemente feriti Mario Belli e Mirko Minuzzo. Senoner corre a valle per dare l’allarme ed organizzare i soccorsi. I feriti sono evacuati in elicottero all’ospedale di Bolzano: entrambi sotto shock, riportano trauma cranico e ferite lacero contuse multiple.

Mario Senoner ritorna subito ad ispezionare il luogo dell’incidente e trova appena sotto la traccia di salita il segno della rottura di una piccola placca di neve riportata dal vento, dello spessore di circa 15 cm. Questione di attimi e di centimetri, con il destino che si mette in mezzo. “Probabilmente qualcuno ha camminato appena fuori dalla traccia e ha staccato la placca, trascinando gli altri compagni di cordata … se fossi stato io avrebbe potuto succedere la stessa cosa!” Conferma Remo Passera alla stampa: “la tragedia è dovuta a pura fatalità.” I corpi di Toni, Turati, Moneta e Polin sono recuperati dal soccorso solo il giorno successivo, il 19 marzo, e trasportati a valle con delle slitte.

(4.8 Mario Senoner, 87 anni, indica il luogo dell’incidente su una immagine aerea, Foto archivio fam. Gobbi/Grivel)

La morte di Toni è un fulmine a ciel sereno per tutto l’ambiente alpinistico e non solo.

Ricorda Ruggero Pellin, guida e già presidente della Società Guide Alpine di Courmayeur, oltre che cugino di Romilda. “è morto Toni Gobbi … Cosa? Chi lo ha detto? Non è possibile, non può essere … le notizie arrivavano in maniera frammentaria e tanti di noi neanche sapevano bene dove fosse il Sassopiatto. Ci siamo ritrovati in ufficio guide per chiederci cosa si potesse fare e abbiamo deciso che qualcuno doveva andare a vedere. Tutto il paese era sotto shock.” Renzino Cosson all’epoca è un giovane portatore e ha lavorato con Toni nelle Settimane: “Mi ha sempre stupito la morte di Gobbi … La prudenza che aveva lui non la aveva nessuno, su tutto e per tutto. Tutto era calcolato e doveva essere preciso. Se è successo a lui, può succedere a tutti, puoi essere esperto quanto vuoi ma ci vuole fortuna.”

Il ricordo di quel momento è ancora nitido in chi lo ha vissuto, nonostante siano passati tanti anni.

“Sono rimasto annichilito. L’idea che Toni Gobbi potesse morire in montagna era fuori da ogni senso … poteva morire in un incidente stradale, ma non in montagna!” ricorda Leonardo Lenti, che alla fine degli anni ’60 era un giovane. Dice Giacomo Bozzi, figlio di Irene che di Toni è stata una delle principali clienti: “La morte di Toni mi emoziona ancora profondamente, sia per il mio legame con Toni sia per quello di mia mamma. Ricordo ancora come se fosse ieri la telefonata del fratello di Cicci Turati che ci annunciava la morte di Toni e di Cicci, grandissima amica di mia mamma.”

Renato Petigax è stato uno dei principali collaboratori di Toni a partire dalla fine degli anni ’50, sia come guida nelle Settimane sia nel negozio di Courmayeur. Non partecipa alla Haute Route dei Monti Pallidi di marzo 1970 perché Toni gli ha chiesto di rimanere in negozio, dove c’è tanto lavoro. Ricorda bene il pomeriggio del 18 marzo: “Eravamo in negozio, è arrivata telefonata, ha risposto Gioachino. Si è girato e mi ha detto ‘Papà è morto sotto una valanga’.”

Maria Barbara, figlia di Toni, a marzo 1970 sta per compiere 21 anni e studia all’università: “Il 18 marzo ero andata con la mamma a Milano per fare ordini per il negozio, alla sera siamo tornate a Courmayeur ed era già un po’ buio. Siamo arrivati a casa e c’erano tutte le luci accese in tutte le stanze. La mamma ha detto ‘sarà successo qualcosa’ ... Io l’ho anche un po’ sgridata … ma perché deve essere successo qualcosa? Siamo arrivate in garage e ci hanno dato la notizia. Siamo salite in casa e c’era anche il parroco, Don Cirillo. Siamo subito partiti per la Val Gardena.”

La morte di Toni fa notizia e la riportano i principali quotidiani nazionali del 19 marzo. Sulla prima pagina del Corriere della Sera: “Quattro morti sotto la slavina. Sono la famosa guida Toni Gobbi e tre milanesi.”

(4.9 prima pagina de Il Corriere della Sera del 19 marzo 1970)

Sulla prima pagina de La Stampa “Toni Gobbi travolto e ucciso con 3 allievi da una valanga.” Sulla stessa prima pagina c’è anche la foto di Toni con titolo “Morte di una guida”. Nell’interno troviamo gli articoli, compreso l’editoriale “Una guida leggendaria” di Carlo Moriondo il cui inizio trasferisce in maniera chiara l’immagine pubblica del personaggio: “Impossibile non conoscere Toni Gobbi per chi appena si intende di montagna; e, una volta conosciuto, impossibile non ammirarlo.”

(4.10 prima pagina de La Stampa del 19 marzo 1970)

Un’analisi intensa ed un ricordo toccante sono su Il Giorno del 20 marzo, a firma di Giorgio Bocca, amico di Toni e Romilda, dal titolo “Il Gran Capo ha pagato di persona”. L’inizio è perentorio: “L’ultima lezione alpinistica di Toni Gobbi, il prudente, è implicita nella sua morte: chiunque tu sia, per bravo che tu sia, ricordati che in alta montagna la morte può venire anche per te.”

(4.11 Il Giorno del 20 marzo 1970)

Riportate a valle nel pomeriggio del 19 marzo, le salme vengono composte nella chiesa di Castelrotto, dove arrivano i famigliari ed una delegazione di guide di Courmayeur capeggiata dal presidente della società, Aldo Cosmacini. Viene poi organizzato il trasporto e la bara di Toni arriva a Courmayeur la mattina di sabato 21 marzo. La camera ardente viene allestita nella sede della Società delle Guide. Ricorda sempre Pellin: “è stata la prima volta che un feretro è stato messo nella casa delle guide. Non ci pareva giusto farlo andare via, non tanto noi giovani ma le vecchie guide che avevano conosciuto Toni lo hanno tenuto come se fosse loro figlio e fratello, lo hanno voluto lì.” La salma viene vegliata a turno dai colleghi. La Stampa di domenica 22 marzo racconta: “Per tutto il giorno [di sabato, ndr] sono venute e rendere omaggio centinaia e centinaia di persone e non solo provenienti da tutte le località della Valle ma anche dalla Francia e dalla Svizzera.[…] Più di 400 i telegrammi giunti alla famiglia e alla Società delle Guide di Courmayeur.”

Il funerale è per il giorno dopo, domenica 22 marzo alle 10:30, officiato da Don Cirillo Perron, parroco alpinista, in servizio a Courmayeur per 50 anni dal 1939 al 1989. Era stato lui a sposare Toni e Romilda il 18 ottobre del 1943. Dalla predica: “Siamo qui nella nostra cara Chiesa di Courmayeur portando nel nostro cuore un immenso dolore, per la tragica dipartita del Dott. Toni Gobbi; […] In una foto scattata sulla vetta del Dente del Gigante mentre celebro la Santa Messa il Dottor Gobbi mi tiene il calice … perché il vento non me lo rovesci … le sue mani si confondono con le mani del Sacerdote … in quel giorno era offerente con il Sacerdote offerente. Oggi è diventato vittima offerta all’ideale della montagna. La passione ha chiesto l’immolazione, è una legge di tutte le grandi imprese umane … e all’immolazione giungono sempre i più generosi e il Dottor Gobbi era un generoso … […] Sì il caro amico Gobbi era ricco di fede in quel Dio che ha saputo cercare e contemplare nel candore delle nevi, nell’immensità dei ghiacciai, nella maestosità delle vette, in quel Gesù Dio che voleva viatico e compagno delle sue spedizioni …[…] allora come sentiamo che sono per lui le parole di Gesù ‘Io sono la Resurrezione e la Vita, chi crede in Me anche se morto vivrà.’ Arrivederci caro Gobbi, arrivederci in Dio.”

(4.12 Chiesa di Courmayeur, Foto archivio fam. Gobbi/Grivel)

Ricorda ancora Ruggero Pellin: “Il funerale di Toni Gobbi ha fatto epoca, ha lasciato il segno. C’era gente da tutte le parti … erano tutti qui. C’erano tutte le ‘teste coronate’ dell’alpinismo europeo! La piazza era gremita … il corteo fino al cimitero che si è riempito … la processione è durata tutto il pomeriggio.” Ricorda anche Leonardo Lenti: “Courmayeur era sotto assedio al funerale. La strada dalla chiesa al cimitero era tutta piena …”. All’uscita dalla chiesa, la bara di Toni è portata da Renato Petigax, Mario Senoner, Oliviero Frachey e Giorgio Colli, che sono stati tra i principali collaboratori di Toni e che per l’occasione, in omaggio al “Grande Capo”, indossano il maglione Rosso delle Settimane invece che la tradizionale divisa da guida.

Da La Stampa di lunedì 23 marzo: “Tremila persone ai funerali di Toni Gobbi.” Leggiamo nell’articolo: “Ai solenni funerali hanno preso parte tremila persone. Quaranta le corone ed i cuscini di fiori, tra cui quella del Presidente del Consiglio, Rumor, che di Gobbi era stato compagno di scuola a Vicenza. […] Accanto alle guide del Monte Bianco erano quelle del Cervino, del Rosa e del Gran Paradiso, le delegazioni del CAI capeggiate dal presidente Chabod, dell’Unione guide internazionali con il segretario generale, lo svizzero Xavier Kalt, gli alpinisti Maurice Herzog, sindaco di Chamonix, Jean Franco, direttore della scuola nazionale di sci e di alpinismo francese, Jean Bourdet, vicepresidente del Club alpino francese, il settantenne Armand Charlet, la più celebre guida di Francia; ed ancora Lino Andreotti, del gruppo degli himalayani, Dionisi, della scuola Gervasutti di Torino, Cassin, Mauri, Compagnoni, Pagani, Frison Roche, Gala, dell’Alpine Club di Londra, Ubaldo Rey della spedizione al K2.” Dal pomeriggio di quel lontano 22 marzo 1970, Toni riposa nel cimitero di Courmayeur sotto una lapide di granito che raffigura la cresta di Peuterey al Monte Bianco.

(4.13 tomba di Toni Gobbi, Courmayeur, Foto archivio fam. Gobbi/Grivel)

Toni aveva creato intorno a sé un mondo composto da collaboratori, clienti, appassionati e amici che teneva insieme con il suo carisma e con la sua visione della montagna: le Settimane, i convegni, gli incontri, il negozio e tutto il resto. Con la sua morte questo mondo si disperde molto velocemente.

I suoi collaboratori più stretti (Petigax, Senoner, Frachey e Passera) decidono di portare avanti il programma delle Settimane 1970, tranne la spedizione al Damavand. In una lettera mandata a tutti i clienti possiamo leggere: “Quando la tragedia ed il dolore sconvolgono la nostra vita, l’esempio e le idee di Chi ha saputo parlare al nostro cuore devono spingere alla serena volontà di mantenere vivo quello che di valido e migliore ci è stato lasciato. […] Continuare non è solo omaggio a Chi aveva iniziato, ma significa riconoscere la validità di una idea, la profondità di un in segnamento, la continuità di una scuola.” Le attività delle Settimane non continuano però oltre il 1970: “nessuno aveva la capacità imprenditoriale per prendere in mano l’organizzazione, nessuno metteva insieme le caratteristiche che aveva Toni di persona di cultura e al tempo stesso di montagna” spiega infatti Leonardo Lenti.

Tutti i principali collaboratori di Toni continuano a lavorare come guide per tutta la vita.

Renato Petigax ha 90 anni ed è il decano delle Guide di Courmayeur. Ancora oggi spesso di notte sogna lo sci alpinismo delle Settimane.

(4.14 Renato Petigax, 90 anni, Foto archivio fam. Gobbi/Grivel)

Mario Senoner spiega: “Non mi era rimasto altro che continuare questo lavoro, dal quale ho avuto grandi soddisfazioni!”. Fa anche carriera all’interno della UIAGM divenendo Presidente della Commissione Tecnica dal 1977 al 1981. Ha 87 anni e tutte le mattine ammira il Sassolungo ed il Sassopiatto dal balcone di casa sua a Santa Cristina.

(4.15 Mario Senoner, 87 anni, sul balcone di casa sua. Sullo sfondo il Sassolungo ed il Sassopiatto, Foto Enrico Veronese per Grivel)

Oliviero Frachey diventa anche Presidente della UIAGM dal 1977 al 1981. Muore nel 1999 all’età di 71 anni.

Giorgo Colli è anche Direttore Tecnico del Trofeo Mezzalama, importante gara di sci alpinismo, negli anni 70. Muore nel 2014 all’età di 89 anni.

Remo Passera, scampato all’incidente sul Sassopiatto, muore sul Castore (gruppo del Monte Rosa) nell’estate dello stesso anno 1970: ha solamente 44 anni. Ironia della sorte, l’incidente è molto simile a quello di Toni: un cliente scivola e trascina la cordata nel vuoto. Anche lui cittadino (di Vigevano) si era trasferito a Gressoney per amore della montagna e di una ragazza locale, Yvonne.

Per quanto riguarda i sopravvissuti alla cordata di Toni, Mirko Minuzzo diventa guida alpina e il 5 maggio 1973 è il primo italiano in cima all’Everest, insieme a Rinaldo Carrel, figlio di Marcello che era stato compagno di Toni nella spedizione alle Ande Patagoniche del 1957/1958. Muore in un incidente d’auto nel 2004, a 58 anni. Mario Belli sopravvive anche ad un altro grave incidente nel 1973 alle Pale di San Martino e ad uno in macchina nel 1974. Muore di malattia nel 1994, a soli 45 anni.

Molti dei clienti di Toni continuano ad andare in montagna ma il mondo delle Settimane è finito per sempre. Ricorda Giacomo Bozzi: “Quando Toni scomparve, per mia mamma crollò il mondo. Fu una grandissima tragedia che segnò e cambiò la sua vita in maniera importante, ridimensionando questo mondo meraviglioso della montagna dello sci alpinismo in maniera violenta. Continuò ad andare in montagna e a fare sci alpinismo con altre guide ma fu tutto diverso, poco avevano a che fare con il mondo di Toni. Nessuno le ha più dato la tranquillità, la fiducia ed il rapporto che lui aveva potuto darle.”

(4.16 Irene Bozzi e Toni Gobbi negli anni ‘60, Foto archivio fam. Bozzi)

Il negozio di Courmayeur è portato avanti dalla famiglia Gobbi fino alla metà degli anni ’80, ma la morte di Toni giunge così inattesa e dolorosa che l’argomento diventerà quasi tabù. La figlia Maria Barbara ricorda: “Dopo di allora, a fin di bene abbiamo parlato pochissimo del papà per non ferire la mamma, che aveva 49 anni ed era devastata. È stata una decisione inconscia, non ragionata, forse anche sbagliata perché non abbiamo mai metabolizzato la sua scomparsa.” Romilda vive fino alla primavera del 2008, tenendo in casa vestiti, oggetti e documenti di Toni come se lui fosse appena andato via. Riposa ora vicino a Toni.

(4.17 tomba di Toni e Romilda Gobbi a Courmayeur, Foto archivio fam. Gobbi/Grivel)

Marilena, la sorella minore di Toni, ha 91 anni. Si gode i 3 figli e 5 nipoti ma tutte le mattine saluta la foto di Toni, appesa in bella vista nel suo alloggio di Vicenza.

(4.18 Marilena Gobbi, 91 anni, con il ritratto di Toni, Foto archivio fam. Gobbi/Grivel)

E lo sci alpinismo? Spiega Giorgio Daidola, giornalista, scrittore e storico appassionato di sci: “dopo il 1970 lo sci alpinismo si sviluppa molto, ma non tanto secondo il modello di Toni Gobbi, che è stato quasi dimenticato se non da alcuni sci alpinisti in modo individuale. Da una parte l’evoluzione dell’attrezzatura e della tecnica consentono prestazioni in discesa molto superiori, quindi anche sci ripido e via dicendo. Vengono attirati molti proseliti anche dal mondo della pista che proprio negli anni ’70 è in pieno boom con le grandi stazioni, ma è un modello mordi e fuggi. Dall’altra il modello che potremmo definire “delle tutine” che è uno sport di velocità e che riguarda prevalentemente le capacità atletiche. Il modello di Gobbi, quello di avventura completa e organizzata, di grandi traversate, viene in gran parte dimenticato. È rimasto e si è sviluppato però l’aspetto legato al viaggio con gli sci, che lui aveva sviluppato per primo portando i clienti in Caucaso poi in Groenlandia, anche se viene portato avanti soprattutto in maniera magari meno organizzata della sua.”

Se è vero che nessuno ha raccolto in pieno l’eredità di Toni, la sua “traccia” ha comunque ispirato alcuni di coloro che hanno saputo o voluto vedere.

Giorgio Peretti è stato cliente di Toni negli anni ’60, partecipando a quattro Settimane. “Quando ho avuto la notizia della morte di Toni Gobbi stavo allenandomi per gli esami da maestro di sci a Cortina. Ho avuto la sensazione che una parte della mia vita se ne andasse … sono andato subito a Castelrotto, a vedere i cadaveri nella camera mortuaria. Mi ha colpito molto Toni che aveva la bocca un po’ aperta quasi a dire ‘cosa è successo, come è stato possibile?’ Sono stato un’oretta a guardarlo e lì ho deciso di fare anche io la guida e di provare a portare avanti il suo messaggio …”. Negli anni ’70 Giorgio diventa guida alpina e poi istruttore nazionale delle guide e organizza dei programmi chiamati proprio “Le Settimane”, con anche una gita sci-alpinistica nel mese di marzo di ogni anno per commemorare Toni. Ha 82 anni e continua ad andare in montagna e a sciare.

(4.19 Giorgio Peretti, Adler Pass, maggio 2000. Foto archivio Giorgio Peretti)

(4.20 Programma di attività di Giorgio Peretti, Foto archivio fam. Gobbi/Grivel)

Alberto Re è stato una guida alpina molto attiva in tutto il mondo, nonché presidente delle guide alpine del Piemonte e anche del Collegio Nazionale. Ha 85 anni e ha da poco pubblicato la sua biografia “Orizzonte Montagne”, in cui ricorda quando negli anni ’60 passava insieme a Giancarlo Grassi nel negozio di Toni di Courmayeur, guidato da “l’interesse per incontrare il titolare del negozio. […] Toni Gobbi con molta disponibilità dispensava informazioni e preziosi consigli agli alpinisti.” Scrive anche: “Per primo Toni Gobbi percepì l’importanza di ampliare l’area dello sci, come strumento di conoscenza e per promuovere nuove prospettive di lavoro delle guide, anticipando e sviluppando lo sci alpinismo delle traversate […] a mio parere massima espressione dell’attività dello sci abbinato all’alpinismo. […] Anche nelle spedizioni, come professionista, fu il precursore, accompagnando un gruppo nel 1966 all’Elbrus e nel 1967 e 1969 in Groenlandia. […] Il suo modo di svolgere la professione ha aperto nuovi orizzonti nei mei progetti.”

(4.21 Biografia di Alberto Re, Foto archivio fam. Gobbi/Grivel)

Conclude Mario Senoner: “Toni è stato un grande, ma anche i grandi muoiono prima o poi. Per me la consolazione è che ci guarda dall’alto, muovendo il dito come nella famosa foto.”

(4.22 Toni Gobbi, Foto archivio fam. Gobbi/Grivel)

Oliviero Gobbi

Oliviero Gobbi. Dopo una laurea in fisica ed un master in management, ha lavorato alcuni anni come consulente strategico in grandi multinazionali per poi entrare in Grivel, azienda di famiglia, di cui è oggi titolare e AD. Ama tutte le discipline della montagna, dall’alpinismo al ghiaccio, dalla roccia allo sci alpinismo, che pratica come e quando può. Il suo prodotto Grivel preferito è quello ancora da inventare.

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